25 aprile 2008

[Nuvole nel Cuore]

Il cassetto immaginario è colmo di sogni e speranze, ma, in fondo, qual è il desiderio più grande?
Essere felice, forse?.
No, caro amico... la felicità è una lucciola che ci abbaglia nel cuore della notte, ci dilata le pupille e poi.. cosa ne rimarrà quando l'alba s'aprirà all'orizzonte?
Solo il ricordo di quello sbattere d'ali luminose.
Sono giorni di nuvole che si rincorrono nel cuore. Una corsa ad ostacoli tra fulmini e saette d'indecisione, montagne innevate in agosto, tutte da scalare, e le mie dita scivolano su questa tastiera, figlie dei pensieri miei. Ascoltando "Lezioni di piano", un nodo alla gola mi prende come mano grande e ferma, "cristalli di sale si moltiplicano sul viso", prima di precipitare dal pendio dei profumi. Ed io, muta, mi sento fortunata.

Dopotutto, la sensibilità è sì un dono ed una maledizione assieme, ma lei m'ha baciato la fronte ed io l'ho accolta, nella mia vita, come un mendicante viene accolto nel tempio di dio.

Sono profuga, io. Sono vento e sale, lacrime e lune rovesciate sotto il naso.


Quasi trent'anni fa un amico, dagli occhi limpidi e liquidi, scrisse questa poesia, che io ora dedico a me stessa e a voi tutti.

Uscito sulla sera

ad incontrare il senso del mio giorno

di vita

ho trovato solo contraddizioni

e un grande amore.

Ogni volta una dura prova

per la mia modestia.

Forse un giorno riuscirò a stringere

la mano

di quella viaggiatrice fugace

e solitaria

che sfiora tutte le sere casa mia:

serenità.

(Enzo Rasi)

22 aprile 2008

Strange Girl.


Finalmente un giorno di primavera in via dei Fori Imperiali e negli occhi di Sara.
La città eterna risplende e riscalda, i turisti che in calzoncini corti e magliette leggere si dissetano alle fontane romane e Roma li guarda…con benevolenza?.
Strani cappelli e occhiali proteggono i loro occhi da questo sole così mediterraneo, così accecante come lo è la bellezza della città senza tempo.La ragazza si siede, dando le spalle all'arco di Costantino.
Un sms vola tra le sue mani: "I'm coming at foot. I'm in late, sorry".
La frase s’è appena spenta nelle dita e arriva lui.
Trafelato, con passo veloce, con una camicia a righe bianche e viola, jeans ed un maglione beige tra le mani; i capelli scompigliati e le guance rosse e la fronte un pò sudata nascondono gli occhiali da vista con la montatura delicata. Le sorride e si siede affianco a lei. Si toglie gli occhiali ed inizia a giocarci con le dita. Poi parla di un vecchio film inglese che lei non ha visto, lui parla ma lei lo guarda con placida assenza mentre la sua mente si perde su rotaie immaginarie. Ok, let's go. Le strade del Celio hanno una luce così particolare oggi, poche persone incrociano il loro cammino. Un'edera verde nasconde finestre segrete su facciate giallo ocra.
"Come si dice edera in inglese?".
"Si dice Ivy" - risponde il ragazzo.
"Quindi, vuoi dirmi che le ragazze che si chiamano Ivy, si chiamano edera?".
John - scoppia a ridere - "Yes. Ma non è un nome frequente". Trema un po’ mentre lo dice.
Il prato di Villa Celimontana è pieno di bambini che giocano a palla coi papà, di ragazzi che - sdraiati - si fanno le fusa. Sara e John camminano a lungo per trovare un posto dove sedersi.
"Fammi una domanda". La voce femminile rompe la sospensione e sorprende il ragazzo.
"Dimmi cosa hai fatto negli ultimi sei anni" - propone in fretta lui, ma nella testa di Sara le immagini scorrono veloci come se non aspettassero altro: è quasi imbarazzante, ne gusta il profumo, riesce a sentirne la consistenza tra le mani.
John la fissa con sfrontato piacere e allora lei dice qualcosa, qualcosa di banale, lo dice anche se non le appartiene – “E tu cosa hai fatto negli ultimi 6 anni?”. E' come bloccata da una sorta di imbarazzo, ma non ne conosce chiaramente il motivo.

Trovano, finalmente, un posto dove sedersi. L'obelisco è imponente dietro l'impalcatura.Lui inizia a raccontare dei suoi viaggi. Lei strappa una margherita dal prato ed inizia a farla piroettare tra il pollice e l'indice. Si sdraiano l'uno accanto all'altra. Il cielo è terso, il sole è tiepido, le loro pelli sono bianche come il latte. L'erba è umida ora, come l'umore di Sara. Lui scopre i denti in un sorriso inaspettato.
"Tell me, why do you laugh?"- dice Sara con un lievissimo sorriso
"Because you are a strange girl, strange in senso buono però". Le passa una mano tra i capelli, come le nuvole passano davanti al sole. Il parco è in ombra, il tempo è trascorso altrove non da loro; ora è tornato sul prato per riprenderli, per farli nuovamente invecchiare.
"I have to go now, thanks a lot for this nice moment with you"- e la ragazza si volta rapida.
"Quando ti rivedrò?" le dice dietro, affanato, il ragazzo.
Sara rimane muta fissando le luci rosse del Colosseo e non sa cosa rispondere.
"Wait!".
"Mi dispiace, devo proprio andare ora".

John andando via dà un ultimo sguardo al mondo che li ha visti assieme e promette a voce alta che ne serberà della visione, il ricordo. Ma la musica di Sara è già svanita, il cielo s'è fatto scuro, la luna bussa alla porta, qualcuno passeggia sul cuore, ma nome non ha. Si sente solo un'eco sfacciatamente english, come quella camicia a righe. L'eco lontana dell'acqua delle fontane dei pomeriggi romani e di un accento.


Questo mio scritto è stato rivisitato da un amico scrittore. Grazie E.R.



On air: "Clair de Lune" - Claude Debussy.

Foto di Przemekbrzoskowski.

16 aprile 2008

Nuits.


Già so corteggiare, già so baciare con la lingua, ora devo solo sognare. Queste parole masticate tra i denti salgono fino al naso, risuonando nella stanza. In petto c'è una finestra. Sì, una finestra spalancata, da cui le persone s'affacciano e scrutano e guardano e parlano. A volte, vorrei chiuderla per fare ombra dentro me. Troppo esposta, mi sento. Altre volte, invece, mi diverto nel capire cosa c'è dietro la luce del loro sguardo. Le incomprensioni volano nella notte come pipistrelli maldestri, gelosie senza nomi, senza alcun senso di marcia mi conducono al sonno. Mi dimentico di infilarmi il pigiama e mi addormento col telefono nel palmo della mano, come fosse una conchiglia, da cui ascoltare il rombo del tuo mare dentro. Tu sei lontano, perso in qualche bosco a sognare l'anarchia. Ed io sono qui, a perdermi dietro i tuoi sospiri e le tue lacrime d'emozione. Il cuore è rosso ed è in vetrina. Qualcuno prova a sfiorarlo ma non riesce a raggiungerlo. E' chiuso e protetto da una rete fitta fitta di consapevolezze e paure. Forse, per una volta, devo smetterla di difendermi quando pericolo non ce n'è e lasciare che le libellule mi volino più vicino. Forse.

[Já sei namorar Já sei beijar de língua Agora, só me resta sonhar .. Se você quer a vida em jogo Eu quero é ser feliz ..Eu sou de ninguém Eu sou de todo mundo .. ]

On air: "Jà Sei Namorar" - Tribalistas.

Foto: Elias.

Mad world

13 aprile 2008

I'd Rather Dance With You

Entro in punta di piedi. Mi sfilo gli stivali come una gatta in bilico su una ringhiera. Le luci in salotto sono ancora accese, una candela, spenta da poco, profuma tutta la stanza di vaniglia. E' quasi giorno fuori. Mi siedo sulla mia poltrona preferita, ancora col cappotto indosso, mi massaggio il piede sinistro e rido come una stupida tra me e me ripensando alla notte vissuta. Gli sguardi lontani e quelli vicini. I messaggi segreti mandati a pochi metri di distanza. Le provocazioni, la salsa danzata con quella ragazza dalla pelle cioccolata e i denti avorio, la vodka che scorre nella gola e cola nel petto riscaldandolo tutto. Il sudore si gela sulla pelle e le si attacca come la sabbia del mare. Il vento fresco della mattina accarezza i capelli ormai scuri. Le sedie dei bar della piazza sono tutte in ordine, i tavolini puliti, nessuna voce risuona nell'aria, l'acqua della fontana scorre discreta, senza far rumore. Il Pantheon è il re, stanotte. Stanca di camminare, riprendo forza, sedendomi sui suoi gradini e penso al sole che tra poche ore farà la sua comparsa. Il trucco è sfatto, i capelli sono umidi, ho ballato stanotte, ho riso, ho cantato, ho goduto stanotte di me e della mia gioia d'esserci. Il mio pensiero ti ha amato da lontano, mentre chissà quale lugar i tuoi occhi, per la prima volta, mangiavano stanotte. Sulla tua lingua si sciolgono parole spagnole e - sulla mia - si dissolvono fragoline di bosco. Tutto è surreale, tutto è magico, impossibile ma realizzabile. Mi sento persa, per un attimo. Cosa ci faccio qui? Riapro gli occhi, mi guardo. I capelli incorniciano il mio viso stanco e gli occhi raccontano di me, di un azzurro che anche al buio sa risplendere. Si balla ancora dopo aver dormito solo poche ore. Il sole è alto, il lago ci aspetta. Mi addormento su un prato come una bambina. Tu, silenzioso, non mi svegli. Attendi il mio risveglio, guardando lontano. Dove si perdono i tuoi pensieri? I miei non sono capaci di raggiungerli. I sentimenti si accavallano. La musica scioglie il silenzio, il lago s'allontana rimanendo muto e fermo. Le nuvole giocano col cielo ed un senso di serenità m'invade tutta, insieme alla voglia di piangere - improvvisa e senza senso. Di colpo, vedo ciò che ho e forse, per una volta, capisco che è ciò che voglio davvero.

V i v e r e .

"Toc-Toc" - "Chi é?".



Da una lettera virtuale, inaspettata.

"...la ragazza col bicchiere d'acqua...se sta un pò di lato è forse perchè sta pensando a qualcuno.." - "A qualcuno del quadro?" - "..no, piuttosto a un ragazzo incontrato altrove..ma..lei ha l'impressione di essere un pò simile a lui." - "Aah..in altri termini preferisce immaginare un rapporto con qualcuno che non c'è piuttosto che creare un legame con quelli che sono lì con lei..".

Ho cercato e ti ho trovata.

12 aprile 2008

05 aprile 2008

Dis-moi.











Cosa vedi al di là del fiume?

Répondez-moi, s'il vous plaît.

On air: "Depuis Toujours" - Louise Attaque.

03 aprile 2008

jamais plus petite!


Non voglio più essere pensata, baciata, toccata, considerata così: "piccola".
I miei occhi con o senza rimmel, sono sempre gli stessi.
Con i tacchi alti o scalza, sono sempre io. con i miei innumerevoli difetti e con i miei pregi. vorrei che qualcuno mi iniettasse in vena un siero di autostima.
vorrei partire per il sud America e restarci sei mesi. mettermi addosso qualcosa di arancione, lasciare i capelli del mio colore naturale. senza trucco nè trucchi.
vorrei avere un vecchio giradischi e saper parlare greco. vorrei saper dire "No" senza incupirmi. vorrei essere in grado di prendere una decisione senza tornare sui miei passi, pochi secondi dopo averla presa.
vorrei comprare quella gonna di seta, indiana, e sedermi su un prato e guardare le formiche arrampicarsi sulle mie caviglie.
vorrei rimanere sdraiata a pancia in su sul letto e non domandarmi "che ne sarà di noi, domani?". Vivere, viverti, senza paura.
Amarmi di più. Chè per amare gli altri, io il tempo lo trovo sempre.
Ma per amare me stessa? Quando arriva il momento?.
Quando?
voglio guardarmi allo specchio, domattina, e mentre mi pettino trovare una piccola ruga d'espressione che nessuna crema possa togliermi. una piccola ruga che sta lì, ferma, a ricordarmi che sono cresciuta. che ce la posso fare. ché solo io posso farmi forza in questi momenti in cui tutto, intorno, sembra frutto maturo e tu ti senti un germoglio che, a fatica, cresce sull'asfalto.

On air: "Vertige" - Camille.

Foto di Wordsforsnow.