28 marzo 2007

Le Nain de Mon Jardin

Ascoltando "Comptine d'un autre été: l'Après Midi" di Yann Tiersen.



Aveva deciso di mettere la valigia in cantina.
Aveva deciso di non partire più.
Diceva d'essere troppo stanco, nonostante la sua giovane età.
Aveva scelto di rimanere davanti al caminetto in questi giorni di pioggia, per fumare la pipa in solitudine.Aveva detto "basta così".
E poi..
E poi, gli sono venute in mente le parole di qualcuno che in passato gli aveva detto che dopo la pioggia sarebbe arrivato un arcobaleno talmente grande e talmente bello che sarebbe rimasto senza fiato.
Oggi le sue mani sono più calde. Guarda il cielo aspettando che quella nuvola dia spazio ad un raggio di sole.

Si sente un pò frastornato. E' tornato da poco da un lungo viaggio. Si sente un pò perso, confuso.

Oggi, non ha nemmeno voglia di fumare.
Il fuoco del caminetto ha bruciato tutta la notte un grande tronco di salice, che ora non piange più. Finito il dolore, resta la cenere. Incandescente, che riscalda ancora un pò.

Lui rimane a guardare cosa è stato. Di lui, di questi viaggi, delle persone che ha incontrato. Così tanti visi e colori e suoni ed odori. Appoggia le mani sugli occhi, come quando qualcuno vuole ripararsi il viso dal vento. Ma lì non c'è vento. Racchiude se stesso dietro quelle mani perché lì c'è solo lui coi suoi pensieri che seppur rimangono muti, prestando attenzione, si riesce a sentirne la voce.

A fargli compagnia silenziosa, ci sono:

La paura di scegliere ma la voglia di farlo;
L'ansia di commettere un errore pur sapendo di crescere sbagliando;
La curiosità di scoprire posti nuovi, ancora una volta;
La voglia di comprare una valigia nuova;
La necessità di prendere quel treno;
La fame di emozioni;
La sete di parole e di gesti nuovi;
Il bisogno di aprire le braccia al mondo intero, di ingoiare pagine di libri per conoscere ciò che ancora ignora, di avere orecchie da elefante per ascoltare anche suoni di formiche, di avere mani grandi e forti capaci di prendere cactus senza sentire il dolore delle spine.

Nel giardino:
La caparbietà dà schiaffi alla diversità.
La diversità dà calci all'amore.
L'amore prende per mano la diversità anche se ne ha paura.
La paura fa l'amore con la distanza.
La distanza fa la corte alla tristezza.
La tristezza danza con i violini.

I violini li sta ascoltando proprio ora.. il Nano del mio giardino.
Mentre se ne sta seduto in veranda guardando come si arrampicano sul muro i gelsomini profumati.

Loro si arrampicano ed anche lui, in un modo o nell'altro.
Si arrampica su parole senza meta non conoscendo quale sarà la sua prossima stazione. Ma sapendo che quel treno lo sta aspettando.

Il raggio di sole che poco prima aveva fatto capolino se n'è andato. Tornano le nuvole scure. Ecco il primo lampo. Ed il Nano sa che non sarà l'unico di questa giornata.
Entra dentro, si copre.
Durante un viaggio in Sicilia un amico gli regalò un bell'impermeabile celeste.
Se lo infila, lentamente. Poi, si risiede in veranda.

La voglia di fumare è tornata.

Si accende la pipa..
..resta a guardare il cielo che inizia a lacrimare.

25 marzo 2007

Promenade d'une Vie

Ascoltando "Je l'aime à mourir" di Francis Cabrel

Quelle cinque parole corrono in fretta sulla lingua più veloce della paura.
Paura di commettere un errore.
Un errore che potrebbe costare una vita di sorrisi.
Perchè di vita ce n'è una sola e le ferite vanno ricucite, non leccate.
E singhiozzi.
Singhiozzi.
Non respiri più. Le lacrime riempiono il viso come un fiume che straripa.
La paura ti fotte.
E poi quella stretta che ti fa sentire che c'è comprensione.
Si comprende la tua paura. La tua stanchezza.
E poi, e poi. La speranza.
Due vite. Due destini. Due vie s'intravedono.
E tu?
Cosa decidi tu?
Prenderai quella strada piana, o l'altra?
Quella piena di salite, di burroni e sabbie mobili?.
E se ti prendesse per mano, sollevandoti da terra?
Se riuscissi a guardare al di là del burrone?La vedi la torre su quella montagna?. Da lì mirerai quello che c'è sotto, quello che è stato.
Se riuscissi a vedere quel viso felice, mentre ti togli la sabbia di dosso?
E se..e se la smettessi di parlare al condizionale?
Vola, cazzo. Vola.
In alto.
Lasciati andare a quello che sarà. Senza paura.
Il futuro.
Una cosa troppo poco prevedibile, ora.
Lasciati amare, senza condizionali.
Quando tornerai con i piedi per terra, il dolore ci sarà. Ma tu sai camminare anche al buio. E poi lo sai, ci saranno cani bianchi che ti faranno da guida.
Fedeli, attenti.
Perchè questa è la passeggiata della vita. Ci saranno burroni, sabbie mobili, ma anche fiori da cogliere con mille spine ma dai mille colori. Riesci a vederli quei colori?
Ed ora prendi la sua mano, lo vedi? Ti sta tirando su. Sempre più in alto.
Ecco. Il vento ti tiene su. E se dovessi rimettere i piedi a terra, una cosa sola: non aver paura.
Parce que c'est la promenade d'une vie.



Quadro: "La promenade" di Marc Chagall.

19 marzo 2007

19Marzo2007. Daniele LIBERO.

"Ringrazio tutti.Sentivo che non mi avevate abbandonato e questo mi dava forza e coraggio, ma ci sono stati dei momenti in cui ho temuto veramente di essere ucciso da un momento all'altro".
A Roma oggi piove.
E questa pioggia lava via il dolore
del rapimento del giornalista Daniele Mastrogiacomo
da parte dei talebani quindici giorni fa.
Ed oggi libero.
Sono felice, tanto.
"..Passerà anche questa stazione senza far male,
passerà questa pioggia sottile come passa il dolore.."

13 marzo 2007

Senza Chiave

Ascoltando "Parisien du Nord" di Cheb Mami


Girati ed apri le mani.
Intreccia le tue dita tra le mie.
Chiudi gli occhi.
Riesci a sentirla quella carezza di labbra? Sì. Lì. Proprio dietro il collo. Lì dove il tuo profumo è sempre uguale. Lì dove vengo a perdermi, per smarrire me stesso. Perchè non so chi sono, quando sono con te. Non ho un nome, non ho età, quando le mie mani sono sui tuoi fianchi.
Le lancette smettono di girare. Tutto si ferma. Immobile.
Mi scosti i capelli dall'orecchio e mi baci. Mi dici "sai di buono" ed io sorrido. Come una bambina.
Mi giro guardandoti negli occhi. Ti fisso. Arrossisco. E' più forte di me.
Con quello sguardo mi penetri, profondamente, dove nessuno mi ha mai conosciuta. Dove nemmeno io so che cosa c'è.
E mentre tu ti perdi, io ritrovo me stessa.
Dietro ad ogni virgola che separa parole. Dietro ogni pausa tra suoni stranieri. Dietro ogni sorriso. Dietro ogni lacrima caduta troppo lentamente. Dietro quella porta di cui per tanto tempo ho cercato la chiave, senza sapere che era solo socchiusa. L'ho aperta..e sono felice perchè ho trovato qualcosa che non avevo mai visto. Respirato quell'aria così pura da lasciarmi senza fiato.
Dietro te ritrovo me stessa.
E tu, su nuovi giorni di sole, continua a perderti tra i miei capelli.

03 marzo 2007

Ti regalerò una Rosa.


Mi chiamo Antonio e sono matto
Sono nato nel ’54 e vivo qui da quando ero bambino
Credevo di parlare col demonio
Così mi hanno chiuso quarant’anni dentro a un manicomio
Ti scrivo questa lettera perché non so parlare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E mi stupisco se provo ancora un’emozione
Ma la colpa è della mano che non smette di tremare
Io sono come un pianoforte con un tasto rotto
L’accordo dissonante di un’orchestra di ubriachi
E giorno e notte si assomigliano
Nella poca luce che trafigge i vetri opachi
Me la faccio ancora sotto perché ho paura
Per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura
Puzza di piscio e segatura
Questa è malattia mentale e non esiste cura
I matti sono punti di domanda senza frase
Migliaia di astronavi che non tornano alla base
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole
Mi fabbrico la neve col polistirolo
La mia patologia è che son rimasto solo
Ora prendete un telescopio… misurate le distanze
E guardate tra me e voi… chi è più pericoloso?
Dentro ai padiglioni ci amavamo di nascosto
Ritagliando un angolo che fosse solo il nostro
Ricordo i pochi istanti in cui ci sentivamo vivi
Non come le cartelle cliniche stipate negli archivi
Dei miei ricordi sarai l’ultimo a sfumare
Eri come un angelo legato ad un termosifone
Nonostante tutto io ti aspetto ancora
E se chiudo gli occhi sento la tua mano che mi sfiora...

Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore



Mi chiamo Antonio e sto sul tetto
Cara Margherita son vent’anni che ti aspetto
I matti siamo noi quando nessuno ci capisce
Quando pure il tuo migliore amico ti tradisce
Ti lascio questa lettera, adesso devo andare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E ti stupisci che io provi ancora un’emozione?
Sorprenditi di nuovo perché Antonio sa volare.

("Ti regalerò una rosa" di Simone Cristicchi)

01 marzo 2007

Sempre Tu.

Ascoltando "Prendimi" di Giovanni Allevi.

Dopo ventiquattro anni, sempre Tu, nei miei occhi con quella luce di candele sul tuo viso.
Bella come una donna al primo appuntamento.
Ti copre un profumo che qualcuno ha fatto apposta per te.
Se potessi pagarti, come si fa con una prostituta, ti pagherei.
Per averti.
Per godere, per goderti, solo io.
Sempre.
Se potessi abbracciarti, in ogni angolo di cielo, in ogni vicolo che gioca a nascondino, lo farei.
Ti abbraccerei tanto da renderti muta, come ieri sera, togliendoti il fiato.
Togliendomi il fiato.
La notte non sembrava voler scendere su di te,
il cielo grigio chiaro non lasciava posto a frammenti di diamanti.
Eri Tu la luce, ieri notte.
Nessun sorriso a metà nel cielo, ieri notte.
Tanta bellezza riesce ancora ad inumidirmi gli occhi, allora abbasso la testa.
Tiro un sospiro.
Ingoio saliva con un'espressione incredula.
Ne prendo coscienza:
sei tu, Roma, il Primo Amore della mia vita.
Foto: "RomadiNotte"© di Michele Torsello.