30 ottobre 2007

Ruvidaseta e Mielamaro.


Si contano i giorni, le ore, i minuti, i secondi. Si contano i respiri, si gioca con le ciocche dei capelli ancora umidi, tra le dita, si beve caffè per rimanere sveglie e tisane per calmarci, perchè il caffè ci ha rese nevrotiche.
Si aprono le mails, si leggono, si traducono e si rileggono, si sorride, ci si sente confuse. Si guarda il campanile e si pensa come tutto, qui, sia a portata di mano. Si sentono i rintocchi delle campane. Uno, due, tre. E' mezzogiorno ed è già ora di partire, con quei ventuno chili di sicurezze, quei ventuno chili che hanno il sapore di casa, della tua stanza, e se guardi bene, può darsi che tua madre ti abbia nascosto, sotto i vestiti, un pacco di spaghetti n° 5, Barilla, ovviamente, per non farti dimenticare il sapore della tua cucina. Le parole scivolano come il sapone sul lavabo appena pulito. Le bolle rimangono intatte, ancora un pò. Come il ricordo di quando prendesti la decisione di saltare.
Ogni viaggio è un salto. Nel vuoto, nel buio, sul fieno, nell'acqua, tra le braccia di qualcuno che le ha aperte in tempo per acchiapparti, o nel freddo di una stazione dove nessuno ti sta aspettando. Una casa col camino o con un vecchio termosifone arruginito con la vernice scrostata. Col bagno pulito ed il letto scomodo. Ci si gira e rigira nel letto, di notte, perchè non riconosci l'odore dei muri ed il cuscino è troppo alto. Togli il cuscino, lo poggi ai piedi del letto. Le braccia sotto la testa. Fissi il soffitto, chissà quanti occhi l'avranno già fissato prima di te. Sorridi, ti mordi il labbro. Pensi a domani. A cosa fare, dove andare, cosa mangiare. Quanto costerà la vita qui? Sarà lontana la metro da casa? Come sarà domani?. Mi mancheranno gli Altri, e più di tutti, mi mancherò Io, domani?.
Non ci è dato saperlo. Domani arriva prima che tu te ne accorga.
Quello che lasci qua è ruvidaseta e mielamaro. Quello che domani troverai là potrebbe essere la stessa ragazza o una stoffa liscia come la tua pelle che io non conosco - ma che immagino - ed un sapore dolce come il caffè molto zuccherato che piace a me.
Non sei sola, mai. Tutto comincia e finisce, sempre è così. E' in quell'intervallo di tempo tra l'inzio e la fine, che devi vivere. Come se il tempo non bastasse mai. Anche se a volte si ha paura, anche se le catene ti tengono inchiodata a terra. Tu sei un uccello libero da schemi, reti e pregiudizi.
Sei forte come uomo e sensibile come donna, sei sincera e tagliente come lama affilata, sei impulsiva come pugno inaspettato, sei notte illuminata da luna piena, sei bici che corre in discesa. Sei miele e seta.
Non smettere mai di giocare, di stupirti e di tenere sempre alta la guardia.
Buona vita laggiù.


On air: "Raphael" - Carla Bruni.


Foto: "I Sk8 NY" di AnomalousNYC's.

28 ottobre 2007

Luci di Strada.


Guarda il cielo, sembra che stia per piangere. Freneticamente, con andamento ritmico, sbatte i tacchi degli stivali l'uno contro l'altro, le mani nelle tasche del cappotto, le guance chiare, tirate. Sente freddo. Controlla l'ora. Osserva, in lontananza, il capolinea del 630. Si rende conto d'essere in perfetto orario. "Che strano" dice, con un sorriso sulle labbra.
Passano dieci minuti e l'autobus tarda ad arrivare. Diavolo, non è più in orario. Ha tutto il tempo di osservare le macchine che passano, lentamente. Gioca con l'ombrello, lo fa girare. E' bello vedere, in trasparenza, le gocce che si fermano sul nylon celeste, rimangono per un pò in bilico sulla cucitura per poi precipitare, velocemente, sull'asfalto. C'è tanta gente che aspetta come lei, con lei. Tutti coi loro pensieri, sotto la pioggia. Ha fretta, oggi. E' emozionata, oggi. E' impaziente, oggi. Incredibile come, in pochi minuti, si possano provare così tanti sentimenti.

Ecco arrivare il 630. Sale di corsa. E' fortunata, trova posto a sedere. Piove forte, al di là del vetro. Tutti dicono la stessa frase, che è entrata a far parte, ormai, dei detti comuni: "Incredibile, quando arrivano due gocce d'acqua, Roma si blocca!". Ride, perchè è sempre la stessa storia.
Yann Tiersen, con la sua fisarmonica, sta viaggiando con lei. Ha percorso così tanti tragitti con lui e le sue note, che se non l'accompagnasse ancora, le sembrerebbe di sentirsi sola.

Eccola là Roma, in tutto il suo splendore, nonostante il cielo triste e l'aria umida.
E' il momento di scendere. Lo fa un pò goffamente. Apre, a fatica, l'ombrello che si era impigliato nella tracolla della borsa. Ha fatto tardi, come al solito.
Le gocce si moltiplicano diventando tante, finemente pungenti. Le bagnano le lenti degli occhiali da vista. Ora vede tutto offuscato. "Inutile provare a pulirli, troppo complicato", pensa. Prosegue correndo in punta di piedi come una ballerina, in equilibrio, cercando di evitare le pozzanghere.
Arriva all'appuntamento, con quegli occhiali appannati che nascondono l'emozione che c'è dietro. Con il naso all'insù cerca sulle scale "una sciarpa arancione". Socchiude lo sguardo per mettere a fuoco. "Eccola!", pensa sorridendo.

Si scioglie in un abbraccio, tutto nuovo, tutto da scoprire.
Una piramide di cristallo li ospita mentre un tè bollente li riscalda. Si gesticola, ci si guarda con curiosità, con timidezza, con ammirazione. Ci si scruta quando l'altro per un momento posa lo sguardo sulla bustina dello zucchero, facendo attenzione a che nessuno si accorga di nulla, ma tutto appare così naturale. Le mani, ora calde, vorrebbero prendere le sue, in segno d'amicizia, per dire "sono qui, siamo qui, finalmente".
Ci si racconta a parole o anche soltanto con uno sguardo, perchè, a volte, s'incontrano anime con cui è più facile comunicare, perchè ha già danzato scalza sulle sue righe, perchè già conosce il profumo dei suoi fiori, ma non conosceva, fino ad oggi, il rumore dei suoi passi. Fuori il vento continua il suo canto, Roma è una regina tutta bagnata, ma così elegante. La via dei Fori Imperiali è piena di luci ma niente è paragonabile alla luce degl'occhi suoi. Li fissa, celando una contentezza infantile. Ci si perde in quegl'occhi e poi si ritrova la strada, anche solo per il gusto di smarrirla ancora una volta.



On air: "Passaggio" - Einaudi.

26 ottobre 2007

Regarde-moi.


Quando si ha paura di poter perdere qualcosa si chiudono gli occhi, quasi a cercare di trattenerne l'immagine il più a lungo possibile negli occhi. Non nella mente, negli occhi.
Si cerca di fermare i secondi, ogni battito sembra di troppo, ogni parola, superflua.
Si lascia che la musica parli di te, di lui, di voi.
Ogni immagine è composta da infinite scene tutte in bianco e nero, come quegli album per bambini, tutti da colorare, ogni ricordo è una pennellata di colori, di sorrisi e mani fredde, di tè bollenti e rose rosse, di vette bianche, di scarpe blu infangate, di ninnoli infantili che sanno d'attenzioni cercate e ricercate. Il passato ci compone, ci scompone, ci dà uno schiaffo in pieno viso quando meno ce lo aspettiamo, riaffiora in superficie. Il silenzio toglie la speranza, ammutolisce quei colori, toglie il coraggio di sognare, ancora. Il silenzio parla e parla. Lo si sente, continuamente. Ha occhi il silenzio. Ha orecchie e bocca il silenzio. Ha un nome. Ha il profumo del cioccolato sciolto e le nuances del cielo di Gauguin. Si vorrebbe scrivere senza virgolettare, senza punti, senza pause. Camminare per ore sotto la pioggia, sentire freddo, non importa quanto o se tanto. Che le lacrime si confondano con quelle gocce. Prenderti sul seno, accarezzarti, avvolti in una coperta rossa. Vedere fiocchi bianchi cadere su una fragola. Non avere quell'immagine negli occhi. Aprirli e trovarti ancora là, tra le dita.
Quando non si chiude la porta dietro di sè, si sente il vento ululare.


On air: "Si loin de toi" - Manu Chao.

22 ottobre 2007

L' Astéroide B 612.




Alt! . "Non oltrepassare la linea gialla".

Allora, ti guardo mentre ti allontani. Lentamente. Non t'importa della pioggia che t'inzuppa il giubotto.. già.. quello stesso giubotto che tieni sempre aperto, anche quando fanno meno tre gradi e ti viene da ridere nel vedermi strofinare le mani l'una contro l'altra, imprecando, nella mia lingua, per il tuo freddo a cui io non sono abituata.

Ti guardo immobile. Quasi pietrificata. Si piange nel sonno, il cuscino umido di lacrime.

Sveglia alle cinque e trenta. Si vede l'alba nascere sui tetti di Roma. Disegno con l'indice sull'ombra che fa il respiro sul vetro della finestra. Poi scompare. La strada lucida e quelle goccioline sui parabrezza delle macchine.. é così inverno, oggi.

E' arrivato il freddo anche qui. Anche qui, dove il freddo pensavo non potesse raggiungermi. E' arrivato nonostante il maglione pesante che ho tirato fuori dall'armadio.
Ho riposto nelle scatole, le magliette leggere, quelle tutte colorate, quelle di garza, le gonne di seta. Ho messo via, con cura, le "scarpe di Amelie", quelle che ti piacevano tanto.

C'è stato un cambio, oggi.

C'è una stagione per ogni cosa.
C'è una stagione per ridere, per piangere, per lottare, per fare errori, per imparare da quegli errori, per fare il cambio dei vestiti nell'armadio, per tagliarsi i capelli, per innamorarsi, per lasciarsi andare, per lasciarti andare, per lasciarsi.

C'è un tempo per tutto.
Questa è la stagione per crescere.

"Ne perds pas espoir, n'arréte jamais de te battre".
Je n'oublierai jamais. Promis.
Per sempre, quella voce di bambini.
Per sempre, le nostre ore.

On air: "Vois sur ton chemin" - Les Choristes O.S.T. .

19 ottobre 2007

Nue.


Si trascorrono notti a pensare, con la tivvù accesa senza volume, perchè a farti compagnia ci sono i tuoi pensieri che seppur silenziosi, fanno rumore. Le mura della stanza prendono il colore delle scene che si susseguono nel film. Mi sono sempre piaciute le ombre colorate che dipingono le macchine quando passano sotto casa, quei colori così indefiniti ed indefinibili, quelle piccole luci rosse e bianche, che sembrano danzare sul soffitto.
Ieri, quasi per caso, mi sono imbattuta nel mio primo blog. Molte foto, tante frasi importanti, tante emozioni su schermo, un altro modo di scrivere. Le stesse fragilità, forse. Ma un grande Amore. Ho sorriso, un pò amaramente. Ho chiuso quella pagina virtuale come si fa con un diario del liceo che ti fa tornare alla memoria tante cose, alcune belle, altre meno. Il passato appartiene come ad un'altra vita. In questo presente resto ancora immobile. Mi sento nuda davanti a me stessa.
Sono rimasta fino alle due e mezza sveglia a pensare alle indecisioni, agli sbagli, alle domande piuttosto inutili che possono assalirti nel cuore della notte. Quando a quelle domande, una risposta non è arrivata, mi sono alzata e sono andata a riscaldare una tazza di latte di soia.
C'è una frase che continua a girare tra il mio stomaco e la mia testa: "Non esistono uomini della nostra vita. Esistono uomini nella nostra vita". Non è una citazione famosa, ma è, per me, ancora più importante. E' di una Ragazza speciale.


On air: "Yashal" - Elisa.

13 ottobre 2007

Rami.


Si rimane attaccati alle proprie paure come una busta rimane incastrata tra i rami di un albero.
Gli artigli della paura ti infilzano la carne e nonostante tu provi a dimenarti, non c'è niente da fare. Lei ti ha catturato. Silenziose lacrime ti bagnano le guance.
Vedi la pelle che sanguina e l'unica cosa che riesci a fare è cucirti addosso con un filo di insicurezze, ciò che rimane di te.
Le scelte vanno prese come fossero aerei. Non si può titubare a lungo davanti al check-in. C'è tanta gente, in fila, alla tue spalle.
C'è tanta gente che bisbiglia, che dà consigli, che dice cosa fare e cosa non fare. Tutti hanno il passaporto nella mano, la propria carta d'identità, chiara come il foglietto illustrativo di una medicina. Ci sono scritte le dosi di autostima, le quantità di se stessi da somministrare agli altri.

Tu, no. Tu non possiedi alcuna carta, alcun foglietto su cui è disegnato uno schema. Lo schema dei sentimenti. Quello che hai in mano è un labirinto che tu stessa hai costruito ed è così contorto che nemmeno tu sei in grado di trovare il punto di partenza e quello d'arrivo.
Sai soltanto che là fuori, al di là del labirinto due braccia sono aperte, nonostante il gelo, nonostante il sale sul viso, lo sguardo non ha perso la vitalità, il cuore batte e batte e costante, ama ed ama.

La vita è come un aereo. Bisogna fare il biglietto, mettersi in fila rapidamente al check-in, passare il controllo tirando un sospiro, ad occhi chiusi. Il posto numerato, eccolo là. Siediti ed aspetta di sentire quel rombo alle tue spalle che ha un solo significato: andare. Lontano. Via da qui, da quel labirinto che un'uscita ce l'ha... ce l'ha. E tu lo sai.


On air: "9 Crimes" - Damien Rice.

10 ottobre 2007

Et voilà.



La sveglia del mio cellulare non poteva che essere questa: la "valse d'Amelie". Quelle dolci note risuonano nel mio orecchio sinistro.
"Merde", penso. "Sono già le 6.00. Mi devo alzare".
Metto prima un piede giù dal letto, poi, coraggiosamente, appoggio anche l'altro. Raccolgo i capelli, da un lato. Mi stropiccio gli occhi che sanno ancora di sonno (tanto sonno). Spengo il telefono. Mi trascino fino al bagno. Mi guardo nello specchio. Scoppio in una risata un pò isterica. Oggi è il giorno dell'esame.
Preparo il tè e mentre lo preparo, mi rendo conto che sto inzuppando il tavolo con la bustina, perchè sono troppo impegnata con la mente a ripetere il "bilancio d'impresa" e la "bancarotta fraudolenta".
Sì, certo. Perchè alle 6.15 della mattina è normale ripetere tra sè e sè la bancarotta e la posizione del povero fallito.
Ma qui la fallita, che inzuppa tutto, penso di esser io!.
Comunque, arrivo in facoltà alle 9.00.
Facoltà che si trova dall'altra parte di Roma, rispetto a dove abito io.
Ogni volta faccio il "viaggio della speranza" per arrivare fino a lì ed il giorno dell'esame mi sento come il personaggio del "leone codardo" del "Meraviglioso mago di Oz" e faccio il giochetto del "mi siedo o non mi siedo davanti al prof?" pur sapendo di esser preparata.
Pronunciano il mio cognome ed io, in un timido, "presente", mi faccio avanti.
Passano ben n-o-v-e ore dall'appello e risento pronunciare il mio nome. "Il signor preside l'attende".
"Ohssignor...preside...speriamo sia di buon umore, oggi", penso - ad alta voce - ed il segretario del preside non riesce a nascondere la sua risata.

E' andata. L'esame è andato giù come una pillola rivestita, di quelle che non s'attaccano al palato quando cerchi di ingoiarle.
Il leone ha trovato il coraggio che tanto chiedeva al mago.
Un esame in meno nella lista e tanta voglia di mettermi quella toga indosso, il giorno della laurea.

Ho raccontato la mia giornata, non perchè io mi senta fiera di aver dato un esame difficile. Quanti ragazzi, tutti i giorni affrontano esami, di tutti i tipi. Gli esami all'università sono solo delle prove. Facili o difficili, ma sono prove. Gli esami, quelli veri, non s'affrontano con il codice civile in mano, seduti di fronte ad una persona dall'aria impassibile. Gli Esami, sono le sfide che la vita ci lancia all'improvviso. La prova contro il vento ed il freddo, contro la fame o il caldo, ce l'ha chi, tutti i giorni, un tetto sulla testa non ha. Quelle sono le prove vere e dure.
Ritornando al mio discorso, dicevo, che ho raccontato qui la mia giornata per ringraziare due persone, in particolare, che mi hanno dato il coraggio, ieri, di trovare il coraggio di affrontare quest'altro "incontro".

Grazie a mia madre, che era lì con me ieri in facoltà. Grazie perchè è riuscita ad infondermi forza e tranquillità, adrenalina pura in endovena. Ha saputo come scuotermi nel momento di abbattimento, quando ci hanno detto che il preside avrebbe tardato. Lei ha scorto la mia faccia, pallida, come quella degli inglesi in un giorno di pioggia, e ha capito che un "kinder-duplo" ed una carezza sui capelli, sarebbero stati capaci di farmi sorridere.
Allora, grazie per la pazienza, per le ore aspettate come solo Penelope avrebbe saputo fare; per esserti confusa, con il tuo corpo elegante e sottile, tra le varie studentesse. Tu che con i tuoi capelli biondi, sembri ancora una liceale e ti imbarazzi quando ti dicono che sembriamo sorelle. Ed è proprio vero.
Grazie perchè nonostante ti facessero male i piedi ed i taxi non arrivavano, hai preso due autobus e hai viaggiato per diciassette fermate di metro, solo per accompagnarmi. Grazie per aver fatto ridere gli altri studenti, terrorizzati, come me, mentre aspettavamo il preside ritardatario.

Grazie perchè.. perchè. Ce ne sarebbero così tanti di perchè e altrettante risposte, che ora rimango senza parole. T'abbraccio, qui. Ma, ora, mi alzerò e verrò a farlo di persona.

E last but not least: sei Tu. Tu che mi leggi quando meno me l'aspetto. Tu che mi parli coi tuoi silenzi ed i tuoi messaggi inattesi. Dolci e concisi. Come te. Grazie, davvero. Per essere come sei, per esserci, ancora, qui, con me.

Et voilà. Domani è un altro giorno e tra due settimane un altro "incontro".

Foto: "Verba volant, scripta pure" di Marvos.

On air: "Piove"- Jovanotti.




08 ottobre 2007

Le Secret.


Quando in punta di labbra
scopri i miei segreti

vieni a perdere la ragione
in quel bacio tant'atteso

quando la luce delle candele
- affievolita -
non illuminerà più i nostri visi
d'eterni bambini

quando la notte perderà le sue difese
vieni a giocare
con le stelle
e
senza rumore
guarda
quello che ancora siamo

amanti

.

On air: "Quelqu'un m'a dit" - Carla Bruni.

Foto: "Whisper" di Michele.

05 ottobre 2007

Gitane.


"Ho pensato a te, mentre l'ascoltavo. E' una sorpresa. Ti piacerà, vedrai".
Dalla sua stanza la canzone vola sino alla mia.
L'orologio segna le due. Il cielo è nero nero e non ci sono punti luminosi attaccati lassù. Regna un silenzio sacro e profondo, tra le mura di casa. Una candela patchouli dà luce a tutta la camera. Indossi le cuffie dell'emmeppi3. Ti rannicchi sulla sedia, nella tua felpa blu, chiudendo tra i palmi delle mani le orecchie, per riuscire a sentirle tue, quelle note. Uno scroscio di applausi e le grida di una piazza in festa, precedono quella voce. Quella musica popolare che ti è sempre piaciuta. Le sue parole, ti fanno fare una smorfia con gli zigomi. Quella voce inizia il suo canto. La sua voce.. inconfondibile.
Chiudi gli occhi e ti immagini in un altro dove. Inizia il viaggio. Corrono - come veloci gazzelle - immagini colorate, note scomposte e ricomposte, sapori gustati su pane caldo, alle sei del pomeriggio, sapori di una domenica qualunque. E continui a sorridere - con le labbra e con le ciglia degli occhi - non puoi non farlo.
Hai un'anima gitana, che si lascia accarezzare e subito dopo aver rubato qualche soldo d'amore, fugge via. Lontano, lontano. Si rintana in quel viale che sta a metà tra l'angolo dei ricordi e un'autostrada di emozioni. Ci vuole cautela, con questo cuore zingaro, che dimora ora non ha..

On air: Manu Chao. [Il titolo è una sorpresa, anche per me]

Foto di Rada Marin.

03 ottobre 2007

VerdeLuna.


Col sole negli occhi
arrivi nella città senza tempo.

Nelle tue note gitane,
notti di neve e tisane,
candide margherite raccontano
una bici rubata al freddo.

Nella fragranza dei tuoi ricordi,
il profumo dei miei.

Nelle lune d'argento
sui nostri visi,
un tempo nuovo

.

Per quell'abbraccio, sinora solo immaginato ed oggi, finalmente, consumato.
Per quel tuo rosso e quel tuo verde.
Per le "affinità elettive", che vanno oltre tutti i sensi razionalmente spiegabili.
Per queste mie parole, nate su una pagina del codice civile.
Per le tue parole, attraverso cui ti sei fatta strada, poco a poco, sul mio cammino.
Per le nostre storie, intrecciate come ceste di vimini.
Per Strasburgo, che mi ha fatto più di un regalo.
Pour toi, pour moi aussi.
Per tutto quello che verrà.
Per te, Verdemalva.


On air: "Canzone per Iuzzella" - Teresa de Sio.

01 ottobre 2007

Lentamente Pianoforte.


Una poltrona di seta beige, un cuscino di piume, in cui ti piace sprofondare. La testa appoggiata sul lato della spalliera. La sigaretta tra le dita. Il fumo che si scompone nell'aria. L'ascolti ad occhi chiusi. "Oh sweet daddy please, come home". Una lettera ancora lì, mezza aperta. La voglia di farci un aereoplano con quelle parole, per fargli prendere - finalmente - il volo. Per sempre. Via, da questo tempo. "Le persone infelici non le guarda nessuno". Nessun errore, nessun tentennamento. Tutto, fuori, è buio. S'intravede solo la luce delle candele, nel salotto del vicino buddhista, in preghiera. La sua voce si confonde con questo pianoforte. Piano-forte. Lentamente. Lenta-mente. E si gioca con le parole, come con i tasti di una fisarmonica che ami e che non sai suonare, come con le corde del cuore, che quando si spezzano e provi ad aggiustarle, lo sai, che non sono più capaci di cantare le melodie di una volta.
Ma si sorride, amour, perchè questo è jazz, perchè c'è tanto ancora da ascoltare, da giocare. Lentamente o pianoforte.

Pianoforte o Despacio y Firme.

Un sillón de seda beige, un cojín de pluma, en el que te gusta hundirte. La cabeza apoyada a lado de la cabecera. El cigarro entre los dedos. El humo que se descompone en el aire. Tú la escuchas con los ojos cerrados. "Oh sweet daddy please come home". Una carta que todavía esta allí, media abierta. La ganas de construir un avión con aquellas palabras, para que –por fin– tome el vuelo. Para siempre. Fuera de este tiempo. "Las personas infelices nadie las mira". Ninguna falta, ningún titubeo. Todo afuera es oscuro. Sólo se ve la luz de las velas en la sala del vecino budista que esta rezando. Su voz se confunde con este piano. Pianoforte, despacio y firme. Se juega con las palabras, como fueran los teclas de un acordeón que quieres y que no eres capaz de tocar, como con las cuerdas del corazón, que cuando se rompen e intentas arreglarlas, ya sabes, ya no pueden cantar las melodías de otros tiempos.
Pero hay que sonreír, amor, porque este es el jazz, porque hay mucho que escuchar, que jugar. Pianoforte o despacio y firme.

Muchas gracias a mi amigo Giro por haber corregido, desde Chile, mi traduccion.



On air: "Weary Blues" - Madeleine Peyroux.