30 marzo 2008

Bella Linda.



Il primo sole di primavera accarezza i pomeriggi romani. Le ore s'inseguono col fiato appeso a speranze e proiezioni; si abbandonano su prati umidi, per riposare e ricominciare la corsa. Si compone un numero che si pensava dimenticato.
-"Pronto?"
-"Vediamo se mi riconosci..".
-"Chi parla?"
Una risata interrompe l'indecisione. "Sono io... mi sono ricordata di quel sogno ad alta voce che facesti in quella notte di cd appesi alle finestre, di libri aperti sulla scrivania, di letti vicini, di bisbigli nel buio..".
Una risata che ancora tengo stretta tra le dita. Vecchie storie, ricordi che profumano di sapori di casa, di soli roventi in un luglio di quasi sette anni fa, di amori che hanno preso aerei e sono rimasti là, lontani dagli occhi ma vicini nel cuore.
Quante cose sono accadute, amica mia, in queste stagioni. Quanti treni hai perso e quanti ne hai presi? E dove ti hanno portata?..
Una notte fa, ho rivisto, come un film, alcune scene della mia vita, seduta sulla terrazza più elegante di Roma. Le luci erano tante, come i miei ricordi. La "Sagrada Familia" che dal mio letto riuscivo ad ammirare assomigliava a quei castelli che riuscivamo, da bambine, a costruire, facendo scorrere la sabbia bagnata dalle dita.
L'odore delle strade di Barcellona, in maggio. Il ritratto, in quella notte di colbacchi grigi e guanti di pelle nera, a Montmartre. L'aula Calasso della Sapienza, sempre piena di gente che di studiare aveva così poca voglia.. coppe, denari e bastoni, trionfavano tra i banchi. Quell'esame scritto che era la nostra croce.. ricordi? La concentrazione era sempre troppo poca, e le lezioni di accento calabrese, pure.
Questo tempo ci scivola addosso come i sogni scivolano dalla nostra memoria appene sveglie.
Quante vite sono entrate nei miei occhi. Quante voci hanno toccato le corde della mente, quante risa sono diventate musica. Quante..
Su queste tue note, canto, stamattina.


On air: "Tempo Perduto" - Sergio Cammariere.

Foto di Spilled Coffee.

25 marzo 2008

Soupirs.

L'odore del cielo bagnato penetrò le persiane socchiuse. Spifferi d'emozioni assomigliavano a sospiri nel buio della camera.
Le palpebre, stanche, si abbandonarono al sonno. Il cuore, d'improvviso, sussultò. Aprii gli occhi e ti trovai là, al mio fianco. Sulle labbra si coricò una curva inaspettata. Richiusi gli occhi - le mie finestre sul mondo - pensando che il tempo, troppo pigro, si fosse preso una pausa, anche lui.
Un raggio di luce squarciò quel telo grigio ed io ritornai ad essere me stessa. Le gambe incrociate, i capelli sciolti sulle spalle, le mani a riscaldare i piedi, gli occhi lucidi come il vetro della finestra.
Con la testa inclinata da un lato, ti guardai per capire se fossi vero, come fanno i bambini osservando, increduli, la fissità delle guardie svizzere in Vaticano.
"Ma tu sei vero?". Esclamai a cinque anni.
Nessuna risposta ebbi.
"E tu invece? Tu sei vero?". Esclamai vent'anni dopo.
Nessuna risposta ebbi. Solo uno sguardo sorridente.

Allora, ingenuamente, tornai a sospirare, sotto le coperte, cogl'occhi chiusi e i piedi freddi.


On air: "Un jour il faudra partir" - Superflu.
Foto di Mistress-Gothca.

20 marzo 2008

Encore. 2m1.



Che sia per un minuto o per tutta la vita: Saltiamo. Ad occhi chiusi, per mano. Parlami di te, ancora. Una volta. Di fronte al profumo del mare d'inverno, raccogliamo sassi levigati e conchiglie bucate, per infilarle su collane immaginarie.
Perditi nella tempesta di quest'animo folle come il volo di un gabbiano che non trova più il suo nido.
Ridi, piangi con me. per me. di me. Ancora. Una volta. Un'autostrada di colori percorrerai. Il mio pensiero t'accompagnerà silente. volente. dolente. Il mio sguardo su di te come una sigaretta ritrovata in un cassetto dimenticato. Siamo palmo contro palmo. Sguardo nello sguardo. La tua paura nella mia paura. La tua emozione si ciberà della mia. La voce si romperà in suoni sconosciuti e la lingua sarà una fragola succosa. Non mordermi il cuore, non domani. Perchè, questa volta, non so che sapore avrà.

On air: "La Demeure d'un Ciel" - Camille.

Foto: "Repos" di Moumine.

18 marzo 2008

Histoires de Filles.

Quel giorno di fine estate, la mia bocca fu foriera di un'amara notizia. Le parole stentavano a venir fuori. Avrei voluto gettar la testa indietro per ricacciare in fondo agl'occhi le lacrime e per ingoiare la verità, pillola troppo amara, che neanche il miglior sciroppo di frutti di bosco, avrebbe potuto nascondere il suo acre sapore.
Gli occhi bassi volevano perforare il terreno, quasi a cercare una via di fuga per quelle parole. Il tuo amore scivolava su una parete di cristallo. Mi sembra di vederlo ancora mentre s'arrampicava, posso - ancora - ascoltare il rumore stridente dei suoi artigli mentre provava a non precipitare nel vuoto. Silenzio. Intorno è buio. Si brancola in quest'oscurità come tante anime in pena, in cerca di un riparo, qualsiasi esso sia.
All'improvviso, la pelle s'inspessisce. Si sente un brivido correre dai capelli fin sotto la pianta dei piedi. Una mano t'afferra e ti porta alla fine del tunnel dove s'intravede una luce, un piccolo bagliore.
Ti lasci cullare tra le sue braccia mentre il mare s'infrange sulla scogliera e Positano - di notte - è una cortigiana con cui far all'amore, di nascosto, senza far rumore. Soffochiamo la sofferenza con questi nuovi amori.
Amori che hanno iniziali nuove, tutte ricamate in rilievo, in basso a sinistra, sotto il cuore.
Quello che è stato diviene un souvenir. Lo chiudi in quelle ampolle sommerse d'acqua, come quelle che compri in vacanza.
Ecco. Proprio così devi fare. Prendi il bello ch'è stato e chiudilo in una bolla di cristallo, con la neve artificiale. Ogni ricordo è un pezzo di storia, contenuto in pochi centrimetri circolari d'amore.
La tristezza e la paura d'aver perso tempo, tienile fuori da quella piccola magia innevata.
Fa parte di qualcosa che non è più. Fa parte di quella te, che qui, non è più.
La ragazza che eri, ora, è una donna che s'affaccia alla finestra di casa. Le guance tue verranno baciate dal sole di marzo, ché sei bella tu. Negl'occhi tuoi tutto il profumo del mare d'inverno riesco ad annusare. I tuoi fili dorati intrecciano tutta la femminilità e la forza della nostra famiglia.
Gli abbandoni ci hanno colte troppo giovani. Dietro le sbarre della paura abbiamo nascosto i nostri visi gonfi di lacrime ed incertezze. Siamo riuscite ad asciugarci gli occhi e a guardare oltre. Lontano da lì, lontano dal passato. Lontano da qui.
La storia di noi donne sembra esser stata scritta da qualche dio capriccioso.
Ma è giunto il momento di rovesciare il tavolo con tutte le lettere.
Mischiamole, perdiamoci in un caos calmo, ritroviamo quello che siamo, la nostra essenza più vera, liberandoci di fardelli e pregiudizi, di falsi miti e futili simboli.
Spogliamoci delle nostre paure e restiamo così. Nude. Di fronte a noi stesse per capire, per capirci.
Diamo spazio all'azzardo, al destino, a ciò che non si può controllare, senza temere.
Fa che quel ragazzo dagli occhi limpidi ti prenda per mano e ti mostri la strada di quella che, Lui, chiama felicità.
Ogni lingua ha una parola tutta sua per esprimere la "felicità". Io non ce l'ho. Non so definire quali contorni linguistici essa abbia. So, per certo - però - di saper riconoscere quando si presenta alla mia porta.
Lei ha scarpe rosse, un vestito a pois verde e bianco ed un buffo cappello in testa. La voce sottile e le mani affusolate. Il naso rotondo e gli occhi come due fessure socchiuse.
Se dovessi vederla, sorella mia, invitala per un té. E salutamela tanto. Dille che la sto attendendo, con ansia. Anche solo per pochi minuti. Ché ho voglia di sentire ancora il suo profumo.


A mia cugina, con infinito amore.




On air: "Ti Scrivo" - G. Allevi.

Foto: "Les Filles" di Moumine.


17 marzo 2008

Tempête.


E' proprio quando pensi d'essere libero che, invece, sei prigioniero dei tuoi stessi pensieri. Cammini a testa alta, con passo svelto e sicuro, i tacchi degli stivali calpestano l'asfalto. Un passo, poi cento. Di strada nei hai fatta eppure sembra d'esser rimasti al punto di partenza. Ti senti grande, ti senti forte. All'improvviso un meteorite d'emozione ti taglia la strada e tu rimani con le gambe paralizzate.
Ti do le spalle ma il tuo sguardo m'insegue. Ho fame, ho sete. Mangio, bevo, ma non mi sento sazia. Lo stomaco miagola, c'è fame d'amore qui.
C'è sete di carezze e parole sussurrate tra il collo ed il seno. C'è bisogno di quella dolcezza che è capace di sciogliere le parole in miele. C'è la voglia di raccogliere i tuoi sospiri - come tanti granelli di zucchero - coi polpastrelli per portarli fin sulle labbra. La lingua ci scivola sopra come un'onda sulla sabbia. Con un bacio ho provato a dimenticare la dolcezza della tua bocca ma..
Ricordi quando, in quella stagione che vive solo nella nostra memoria, i tetti spioventi custodivano le tue labbra sulle mie? Ricordi che il soffitto disegnava un arc-en-ciel e le nuvole prendevano la forma di un escargot? Ricordi com'eravamo innocenti?.
Sto provando ad allontanare dai pensieri il suono dei tuoi passi sul cuore. Ma.
Vorrei averti solo immaginato, vorrei pensare d'averti costruito come si fa con i lego, vorrei buttare giù il castello con un soffio di pianto, chiudere gli occhi, e trovarlo ancora là, più forte di prima.
Le fondamenta vengono ingoiate dal fango, la barca affonda. Cosa rimarrà di tutto questo? La tua lingua sa dirmelo?.
Un relitto sul fondo dell'oceano, tra le vele di quest'animo in tempesta. Ecco, quel che rimarrà.


On air: "Vingt-cinq ans" - Superflu.

14 marzo 2008

Changement.



Mi ribello. Mi difendo. Mi curo.

Libera.
Libera.

Libera.



On air: "Vita Tranquilla" - Tricarico.

Foto: "Elevator" di Claudio Martella.

12 marzo 2008

Petits Mots.


Quando il cuore si screpola, scrivo. Quando la tristezza entra in punta di piedi, scrivo. Quando i discorsi incontrano l'incomprensione, la stanchezza si stende sul letto, la felicità compra un vestito a pois, quando la voglia di "condividere" con il tuo volto dai tratti sconosciuti, un brivido che percorre la schiena o una lacrima che precipita dal mento o l'imbarazzo delle mie guance, è quello il momento in cui metto rosso su nero tutta me stessa.
Nuda, mi guardo allo specchio. Le parole sono come vestiti. Mi copro lentamente, una parola, poi un'altra e mi ritrovo con vari strati che mi riscaldano la pelle.
Scrivo per te che appoggi il mento al palmo della mano, mentre mi leggi. Per te, che stai seduto comodamente sulla tua poltrona di pelle nera, per te che hai capelli ricci come le onde del mare, per te che hai la voce roca e la pelle chiara, le mani grandi ed il bicchiere pieno, occhiali fuori moda e forcine colorate tra i capelli. Per te che mi leggi al buio, per te che chiudi gli occhi ascoltando la mia musica. Per te che divori le mie parole come grissini croccanti. Per te che sorridi leggendo del mio amore e non t'importa nulla, per il tuo cinismo. Per te che senti un nodo in gola leggendo dei tuoi stessi dubbi, per te che prepari il trasloco ed il pc sarà l'ultimo oggetto da imballare, per te che mi spii da lontano immaginando le mie mani. Per te che hai voglia di abbracciarmi e sorridi ripensandoci.
Le parole ci portano sullo stesso cammino. Si danza sugli accenti e le pause sono funi a cui mi aggrappo.
Scrivo per me. Per te. Per lui. Per lei. Scrivo senza paura, con gli occhi ben aperti sul futuropresentepassato. Quando temo di non essere in grado d'emozionare, credo sia quello il momento giusto per premere "pubblica post". Come ora, che ho paura di immaginare i tuoi occhi su di me, e le lacrime mi salgono dalla gola alle ciglia. Ed allora..

"Pubblica Post".


On air: "Fiore del Male" - Valentina Lupi. (merci à toi* pour cette chanson magnifique)


Foto di Moumine.

10 marzo 2008

Juste une Fois.


La strada è un lago. Voglio comprare un paio di stivali di plastica, a quadretti bianchi e neri. Come il mio umore, umido, bagnato di saliva e lacrime. Le unghie ciliegia colorano i miei pensieri. La voglia di ballare, di toccare il tuo collo, di sentirti sudato, le tue dita tra le mie. La gente intorno non esiste, non ora.
Mi connetto, ti connetti.
Sei in equilibrio sulla mia stessa onda, ora? Sotto la stessa pioggia. Un messaggio vola dalle mie mani, fugace, pieno di sentimenti contrastanti. Un bacio galeotto, forse. La tua confusione, la mia confusione. Mi perdi, io torno. Ti perdo, tu torni. La mia mente è alla stazione. Il treno è fermo, aspetta ancora.
Quando sentiremo il fischio, saltiamo su. Altrimenti, sarà troppo tardi.
La consapevolezza che succede "una sola volta nella vita".
La vita, come un metrò. Si aprono le porte, tu sali. La gente spintona, legge il giornale, luce al neon, sedili arancioni, occhiali scuri, emmeppi3 nelle orecchie, volti stranieri, lingue uguali. Ti guardi intorno, l'umanità ti penetra nei pori della pelle. Mangi sorrisi e volti incazzati. Le parole le leggi nelle pupille, non c'è bisogno di suoni.
Raccontami di te, ancora. Guardami dritto negli occhi e dimmi: "would you like to dance with me?".

On air: "Parisien du nord" - Cheb Mami avec K- Mel.

Foto: "Perhaps" di Moumine.


04 marzo 2008

Paradoxe.


Davanti agli occhi i rituali di una volta. Si appende al viso quella tristezza che non incontra la serenità, anche se fuori da qui ci sono così tanti motivi per essere sorridente.
E' inevitabile farsi male, ascoltando quella canzone che lui faceva suonare mentre tu ti vestivi. Quella musica che ti faceva chiudere gli occhi, ondeggiare la testa da una parte all'altra, accennare con le labbra le parole di quella canzone in una lingua sconosciuta, ridere muovendo i fianchi, con quella sensualità inconsapevole.
Quei dodici minuti diventano un tempo infinito che si scioglie tra righe piene d'amore. Non c'è rabbia, non c'è odio. C'è solo la razionalità che prende il posto dell'amore giovane, troppo giovane. Quella razionalità che tira il freno a mano sul cuore, su questo sentimento che nazione non ha. I vocabolari, oggi, li tengo chiusi, sotto la scrivania.
Ci sono ancora tante parole della tua lingua che la mia bocca non sa pronunciare, la mia memoria sembra un contenitore vuoto. Eppure, credo di non aver più bisogno di sfogliare pagine tradotte nel mio alfabeto. Le mie parole si compongono senza difficoltà, come tanti numeri messi in fila, uno, due, tre.. tutto è così naturale, doloroso nella sua naturalezza.
La nostra vita è un "paradoxe": quello di amarsi, senza poter vivere insieme.
Accetto queste parole, come fossero un regalo. Le accolgo negli occhi, scivolano ripide sulla lingua, le accarezzo tra le dita e poi le ingoio. Cerco di amarle queste parole, che formano il tuo viso.
Le foto hanno odore e voce. Tutto è immobile. Il tempo, dicono, risolve le cose. Ma non è ciò che voglio! Non voglio che il tempo sbiadisca i tratti del tuo viso, l'imperfezione del tuo naso insolente, la dolcezza della tua voce, il profumo del tuo collo a prima mattina. Non voglio che il tempo mi porti via tutto questo!.
Desidero che il tempo mi culli nell'attesa della ripresa, che mi faccia apprezzare ciò che mi circonda, ma mai e poi mai vorrei che mi portasse lontana dal tuo ricordo. Quest'amore è stato un dono che porto addosso, come un gioiello d'altri tempi.

E come un dono abbraccio le parole di un'Amica che, tempo fa, in una mattina qualsiasi d'agosto, fece librare in volo i suoi pensieri affinchè il mio cuore si sentisse meno solo:

[..resto zitta di fronte a quanto è stato, ma non posso certo pretendere che il mio cuore da un giorno all'altro assorba l'urto. non posso comandargli nulla, come non gli ho comandato certo, a suo tempo, di desiderarti.
il rituale dell'allontanamento richiede un pò di tempo. ci vuole spazio per lo spostamento fisico, perseveranza nel mantenere adeguate distanze mentali. ed è questo che meno accetto: il modo, la coreografia del distacco.
oggi sono uscita a comprarmi una maglia, tutta gialla.
lunedì prendo le forbici e taglio i capelli.
ogni mattina mi sveglio e guardo dalla finestra mentre il caffé sbrodola fuori dalla macchinetta. poi accendo la radio, e appoggio la testa al gomito.
se proprio mi viene voglia di piangere, lo faccio...].


Sono stata spugna, ombrello, guanto, roccia, specchio.
Oggi vorrei essere piuma. leggera. bianca, quasi trasparente. scrivere di questo a m o r e.

On air: "Forrest Gump O.S.T.".

Foto di Moumine.

02 marzo 2008

12 Minuti.


Solo dodici minuti, per lasciare la presa. Dodici minuti per mangiare le pause dell'indecisione, per recidere ogni dubbio. Dodici minuti e qualche secondo per spazzare via tutto il bello e tutto il brutto. Per cancellare il tuo viso, per grattarlo via dalla memoria. Dodici minuti, così poco tempo! La voce mi tradisce, si rompe in pianto. La donna prende il sopravvento, si fa forza, schiarendosi la voce. I sentimenti, tutti in fila, si tengono per mano. Anche la rabbia e l'incomprensione. Ci sono tutti, nessuno escluso. Quest'amore. Dio! Quest'amore, così incompreso, così difficile da capire, da spiegare a parole, a chi, un amore così non ce l'ha mai avuto.
La ragione prende il sopravvento. Allora tutto è chiaro: Tu non sei Nino, Io non sono Amelie. Non vivo a Montmartre, io. Vivo in una città dove la gente muore - di notte - per strada, perchè fuori è freddo. Si prova a venirsi incontro, ma quando la montagna è troppo alta e lassù c'è troppo ossigeno, non ce la faccio a trattenere il fiato. Sono un pesce, con la bocca aperta e gli occhi grandi. Sono un pesce appena pescato. Mi dimeno, sbatto la coda, ma so quale sarà la mia fine. Sto morendo, questo sentimento sta morendo. Non c'è nulla che io possa fare, non più. Tolgo l'armatura delle crociate e rimango nuda coi miei pensieri. Non ci sono ricordi, non ora. La mia mente smette di viaggiare nel passato. Guarda a quel che sarà domani, quel domani così incerto nonostante il cielo sia sempre più blu. Un domani senza nome e senza odori. Un presente su cui mi arrampico, a testa in giù, senza risposte. Le domande si asciugheranno, come i miei occhi.
Sono funambola in questa vita. Prendete pure posto, senza numero. Lo spettacolo è appena iniziato. Piroetterò, cadrò, mi farò male, sorriderò, e mi rialzerò.
Dodici minuti per dirsi addio.
Allora io, elefante stanco, chiudo la porta, m'imballo il cuore, aspettando che questo sole secchi sangue e lacrime.


On air: "L'Orologio degli Dei" - G. Allevi.

Foto: "Spider" di WordsforSnow.