24 novembre 2008
12 novembre 2008
Regarde Loin.
Quando si è soli coi propri silenzi, il corpo prende voce, il battito comincia la sua corsa dal petto sino ai timpani; si sente il sangue fluire, lentamente, ed i ricordi prendere spessore, colore e fragranza, come fili d'erba tra le dita. I pensieri, intrappolati da occhi ben chiusi, si cullano su melodie inventate; le narici dilatate respirano il mondo; le mani congiunte, sono nidi dove ritrovare la pace perduta. Lo sguardo lontano ad inseguire sogni vissuti al di là di cuscini familiari, al di là degli altri, che - a volte - non sono là. E' in quell'istante che la presenza viene a sedersi, accanto a noi, nell'assenza.
Avevo deciso di non calpestare più questa terra ma i miei piedi hanno ritrovato l'origine.
Il punto di partenza dei sogni. Eccomi di nuovo qua, come un dejà-vu, come un bacio rubato, come un'emozione chiamata per nome.
04 settembre 2008
Νόστοι
20 luglio 2008
Immenso.
Click!
"Pase lo que pase, sea lo que sea.. esperanza". Siempre.
Manu Chao salta tra il mio cuore ed i timpani.
08 luglio 2008
Ubriaca di Cielo e Grano.
Il naso rivolto alle stelle mentre si viaggia, dentro e fuori di me.
Kiki occhi di cerbiatta ha steso all’ombra di un albero un telo magico in un parco al centro di Roma: attende che esso si sollevi in volo sopra la città e il mondo, sì che lei possa vedere fin dove arriva il fiume della sua giovane vita. Ha già deciso di essere come si sente, bella e timida, di non forzare più di tanto la sua indole e di guardare dall’ombra questa strana estate che potrebbe essere l’ultima della sua prolungata infanzia. (Enzo Rasi)
Buona vita mondo!
On air: "Rotolando verso sud" - Negrita.
30 giugno 2008
Φωτεινή
*Grazie a Iorgakis per questo momento di vita, catturato in un istante che correva veloce tra la mia malinconia e la gioia d'esserci.
On air: "Petite blonde du boulevard brune" - Manu Chao.
12 giugno 2008
Baci senza Memoria.
05 giugno 2008
Velenosoamore.
"Comment ça va? Ma - dimmi - mi amerai anche quando i capelli da biondi diverranno bianchi e soffici come ovatta e zuccherando il caffè le mani mi tremeranno? Anche se, un giorno, le gambe stanche, arriveranno in quel dove, in ritardo? Mi ameresti anche se dovessi dimenticare il mio nome ma ricordare qual è il cammino per la montagna?".
Ogni giorno mi inietto in vena una dose di droga, velenosa e curativa. Un pizzico ed un morso sulla pelle delicata che mi marchiano a vista, una lettera scarlatta tra le vene ed i nei dietro il collo, un bacio sulle palpebre a suggellare le mie notti bianche. Uno sguardo che uccide tutti i buoni propositi, un "ti voglio" che manda a farsi fottere l'orgoglio, il buon senso e le paure ed allora si continua a dondolare su altalene d'indecisioni, si strizzano gli occhi e si arriccia il naso quando con il viso si arriva a toccare il cielo, le mani stringono le catene per non cadere, ché lo sai pure tu che le vertigini mi fanno perdere i sensi.
Quest'amore è malato, malato, malato, ma è amore. Spigoloso, pungente, ruvido, morbido, gustoso come cioccolato alle nocciole, bianco come ghiaccio e nero come terra.
Lo voglio ma, alla fine, lo sai anche tu che ritrovo sempre la strada per tornare da dove sono partita. Quanto detesto quest'adorabile debolezza.
Dimmi di no.
On air: "Vento d'Estate" - Max Gazzè e Niccolò Fabi.
Foto di Moumine.
30 maggio 2008
Un doppio caffè americano, per uno.
Le sei del pomeriggio erano arrivate senza che lei se ne rendesse conto. Sale sull'autobus, si libera subito un posto e lei, con la rapidità di una gatta, sedendosi, tira un sospiro di sollievo.
Il suo sguardo si posa su un libro che una ragazza teneva tra le mani, sulla copertina c'era scritto: "lire cinque". La ragazza, come in bilico, con una mano teneva il libro tutto ingiallito aperto a metà e con l'altra, a stento, riusciva a reggersi alla maniglia sospesa, tra una frenata ed una curva, rispose con un sorriso allo sguardo attento di Sara e così, lei, trovò il coraggio per chiederle che libro fosse il suo e quanto fosse vecchio per costare così poco..! La ragazza le rispose che sì, era un libro davvero vecchio su cui stava adattando una rappresentazione teatrale. Era un' attrice lei, dai capelli lucidi e lunghissimi, stretti in una sottile coda di cavallo.
Parlarono del caldo, del tempo, del fatto che l'aria condizionata in quell'autobus, che assomigliava di più ad un carro bestiame, fosse rotta e di come il caldo quando irrompe, si fa sentire nell'impazienza e nella facile irritabilità della gente.
Sara, s'era immersa nel caldo, pregustando la freschezza di quell'appuntamento.
Lei era rilassata, senza pensieri, quasi sospesa in una realtà senza tempo.
Il cellulare di Sara vibra e parole inglesi s'illuminano sullo schermo : "I'm here early. Where are you?".
John era in anticipo, Sara ancora in autobus.
Lei vede subito le sue possenti spalle, lui china la sua perpendicolarità da "big ben" e le bacia le guance.
I loro piedi tagliano le traiettorie delle rotaie dei tram.
Si insinuano nei vicoli della vecchia e buona Roma, passeggiano lungo le mura che parlano di storia e di dolori. Alla fine il "Portico d'Ottavia" s'apre nella sua bellezza con quelle finestrelle di legno consumato, tipiche delle antiche facciate dei palazzi del centro storico.
"Ti piacciono i films di Totò?", le chiede velocemente lui.
Sara ride, alzando un sopracciglio e rimane stupita della domanda. John da buon inglese non riusciva a pronunciare il nome "Totò". Le sue "o" rimanevano strette tra i denti.
La piazza era gremita di gente che si sventolava con le cose più svariate: un giornale, un cappello, una locandina di un "corso di taglio e cucito"..
Lui le indica una bambina che pedalava felice su una bicicletta rossa.. ad aspettarla a braccia aperte, poco più in fondo, c'era suo padre, con in testa una kippah nera, così perfetto in quel luogo..
Sara scopre che John è molto attento ai particolari di quel pomeriggio. Questo a lei piace ma, d'improvviso, lui esaspera, volutamente, il suo snobismo e comincia a sparare critiche sugli italiani, su quanto questi siano omologati, e di quanto sia stranamente sparito l'individualismo, dall'Italia stessa partorito.
Sara, pur condividendo molte delle critiche, non ne apprezza il tono troppo dispregiativo.
Arriva il cameriere, piuttosto maleducato, perchè chiede solo a lui cosa desidera ordinare, e lui, ironicamente maleducato ordina, solo per sè, due caffè americani, con sei bustine di zucchero.
Sara, impiega qualche secondo per superare lo stupore e l'imbarazzo di fronte a questa doppia maleducazione, e così ordina per sè, malvolentieri, un tè freddo al limone.
Il tono del momento si solleva quando i due parlano di cinema.
Federico Fellini e la sua "Dolce Vita" e l' "Eclissi" di Antonioni fanno rinascere in Sara l'interesse per quel ragazzo. Le sembra d'essersi di nuovo librata in aria ma viene richiamato il cameriere per chiedere il conto ed il volo di Sara, d'improvviso, perde quota. La somma di quegli scontrini bagnati dalle gocce del tè freddo, arriva. Lei, in quanto invitata, per un attimo ignora la somma da pagare.
Prende dalla borsa delle banconote facendogli intendere, anche se con imbarazzo, che non sa cosa fare.
Il colto gentleman inglese afferra una banconota dalle mani di Sara e le dice: "Ok, give me something".
In quel momento il caldo sembra sparire in quella situazione di gelo tra i due.
"Should we go?" le chiede lui, frettolosamente.
"Sì. Sono le venti. Devo andare", risponde lei.
Sara, sul ciglio della strada, guarda John che si allontana. Per un attimo rimane interdetta ma presto si rende conto di essere felice.
Felice d'aver fatto la scelta giusta: ha calzato i sandali rossi, bassi, che le permetteranno di tornare a casa, di corsa.
On air: "Alle venti" - Audio 2.
25 maggio 2008
Dimanche.
Stanca di inseguire arcobaleni e di proteggermi dai fulmini, silenziosa me ne sto nella mia vita, lasciando che sguardi-cose-parole mi attraversino la pelle. Alle volte, alcuni di quegli sguardi-cose-persone mi lasciano come un neo addosso, molti sono impercettibili, nascosti in un dove che solo io conosco, che solo io posso scovare. Altre volte, invece, niente. Nessun passaggio sulla pelle, solo qualche scottatura, come quelle che si prendono i primi giorni di sole, al mare. Ti bruci, ma poi, in fondo, tutto passa. Non cerco "pacche consolatorie sulle mie spalle. Ho solo voglia di trovare la forza di raggiungere un obiettivo. Cerco quella voglia di futuro e il coraggio di lasciar andare il passato in una memoria tutta mia, tutta profonda e profumata, ma m e m o r i a. Non si può vivere nel ricordo di ciò che è stato bello sperando che il futuro vesta gli stessi abiti. Vorrei aprire le braccia in questa domenica di sole, gettar la testa indietro, lasciare che questo venticello romano sfiori i miei capelli e pensare al futuro, tutto vuoto, tutto bianco, tutto da dipingere. Sì, da dipingere a pennellate di pensieri nuovi.
Voglio pensieri nuovi, ecco cosa voglio.
*On air sempre Yann Tiersen, come un vecchio giradischi che "s'incanta", come un carillon di vecchi e nitidi ricordi. perchè, in fondo, da questa musica mi lascio cullare.
20 maggio 2008
La ragazza della finestra di fronte.
Il suo sguardo che scorre il perimetro del muro si ferma sull’immagine della ragazza dietro i vetri della finestra di fronte.
La sua blusa rossa è l’unico punto di colore. I suoi pensieri come aereoplanini di carta, sembrano prendere il volo ma presto atterrati da una profonda tristezza mista a malinconia. Il ragazzo lo percepisce e si domanda il segreto di quegli occhi.
Lui rimane immobile e concentrato a interpretare quell’immagine come un visitatore di una mostra davanti ad un dipinto. Lei - dietro la finestra - l’immagine dipinta, la finestra di fronte - la sua cornice.
La ragazza continua a fissare la pioggia con lo sguardo innocente di una bambina.
All’improvviso, lei scompare dietro la tenda che, chiudendosi, porta con sé la sua malinconia.
La finestra di fronte rimane vuota come lo sguardo del ragazzo.
La pioggia batte forte e lui si domanda se lei farà ritorno.
*da uno scritto di Iorgakis, per me.
On air: Yann Tiersen.
Foto: "Waiting for" di Petitescargot.
17 maggio 2008
Kalispera.
La bocca rimane chiusa ma i tuoi occhi da dietro quegli occhiali dalla montatura spessa, nera, leggono profondamente tutta la mia paura d'esistere, tutti i miei dubbi sul domani che verrà.
Domani è arrivato e non ci sono più colonne alle nostre spalle a reggersi in piedi e a custodire parole mai dette. C'è una vecchia panchina e noi ci sediamo sul bordo dello schienale. La luna è pallida ed il venerdì è pieno di luci e di macchine che si danno appuntamento in piazza.
Alle spalle c'è l'Oviesse. In vetrina quei manichini tristi, tutti uguali con delle orribili parrucche. La mia bocca rimane chiusa, di nuovo. Questa volta lo so che i tuoi occhi sanno leggere i miei. Sposto il viso e lo porto lontano dove tu non puoi vedermi.
All'improvviso, due dita sotto il mento ed uno scatto repentino mi portano alla realtà. Ed eccoci qua, di nuovo, a parlare di me. Ed io sono l'universo intorno a cui girano i miei mondi paralleli, così diversi ma in fondo così simili, le loro traiettorie si sfiorano in quello spazio infinito che c'è tra il tuo accento greco ed il mio silenzio che parla e parla.
"Due cose sono gratis: i sorrisi e la pazzia", mi dici, con lo sguardo che taglia l'aria, da dietro gli occhiali. Ed io non posso non sorridere.
La ragazza della finestra di fronte sa che tu sei abbastanza pazzo, sì. Altrimenti non ti avrebbe scelto come amico.
Efharisto, Iorgakis.
On air: "Passione" - Neffa.
Foto: "Saint Peter" di Claudio Martella.
10 maggio 2008
le Manège.
25 aprile 2008
Essere felice, forse?.
No, caro amico... la felicità è una lucciola che ci abbaglia nel cuore della notte, ci dilata le pupille e poi.. cosa ne rimarrà quando l'alba s'aprirà all'orizzonte?
Solo il ricordo di quello sbattere d'ali luminose.
Sono giorni di nuvole che si rincorrono nel cuore. Una corsa ad ostacoli tra fulmini e saette d'indecisione, montagne innevate in agosto, tutte da scalare, e le mie dita scivolano su questa tastiera, figlie dei pensieri miei. Ascoltando "Lezioni di piano", un nodo alla gola mi prende come mano grande e ferma, "cristalli di sale si moltiplicano sul viso", prima di precipitare dal pendio dei profumi. Ed io, muta, mi sento fortunata.
Dopotutto, la sensibilità è sì un dono ed una maledizione assieme, ma lei m'ha baciato la fronte ed io l'ho accolta, nella mia vita, come un mendicante viene accolto nel tempio di dio.
Sono profuga, io. Sono vento e sale, lacrime e lune rovesciate sotto il naso.
Quasi trent'anni fa un amico, dagli occhi limpidi e liquidi, scrisse questa poesia, che io ora dedico a me stessa e a voi tutti.
Uscito sulla sera
ad incontrare il senso del mio giorno
di vita
ho trovato solo contraddizioni
e un grande amore.
Ogni volta una dura prova
per la mia modestia.
Forse un giorno riuscirò a stringere
la mano
di quella viaggiatrice fugace
e solitaria
che sfiora tutte le sere casa mia:
serenità.
(Enzo Rasi)
22 aprile 2008
Strange Girl.
Trovano, finalmente, un posto dove sedersi. L'obelisco è imponente dietro l'impalcatura.Lui inizia a raccontare dei suoi viaggi. Lei strappa una margherita dal prato ed inizia a farla piroettare tra il pollice e l'indice. Si sdraiano l'uno accanto all'altra. Il cielo è terso, il sole è tiepido, le loro pelli sono bianche come il latte. L'erba è umida ora, come l'umore di Sara. Lui scopre i denti in un sorriso inaspettato.
"Because you are a strange girl, strange in senso buono però". Le passa una mano tra i capelli, come le nuvole passano davanti al sole. Il parco è in ombra, il tempo è trascorso altrove non da loro; ora è tornato sul prato per riprenderli, per farli nuovamente invecchiare.
John andando via dà un ultimo sguardo al mondo che li ha visti assieme e promette a voce alta che ne serberà della visione, il ricordo. Ma la musica di Sara è già svanita, il cielo s'è fatto scuro, la luna bussa alla porta, qualcuno passeggia sul cuore, ma nome non ha. Si sente solo un'eco sfacciatamente english, come quella camicia a righe. L'eco lontana dell'acqua delle fontane dei pomeriggi romani e di un accento.
Questo mio scritto è stato rivisitato da un amico scrittore. Grazie E.R.
On air: "Clair de Lune" - Claude Debussy.
Foto di Przemekbrzoskowski.
16 aprile 2008
Nuits.
Già so corteggiare, già so baciare con la lingua, ora devo solo sognare. Queste parole masticate tra i denti salgono fino al naso, risuonando nella stanza. In petto c'è una finestra. Sì, una finestra spalancata, da cui le persone s'affacciano e scrutano e guardano e parlano. A volte, vorrei chiuderla per fare ombra dentro me. Troppo esposta, mi sento. Altre volte, invece, mi diverto nel capire cosa c'è dietro la luce del loro sguardo. Le incomprensioni volano nella notte come pipistrelli maldestri, gelosie senza nomi, senza alcun senso di marcia mi conducono al sonno. Mi dimentico di infilarmi il pigiama e mi addormento col telefono nel palmo della mano, come fosse una conchiglia, da cui ascoltare il rombo del tuo mare dentro. Tu sei lontano, perso in qualche bosco a sognare l'anarchia. Ed io sono qui, a perdermi dietro i tuoi sospiri e le tue lacrime d'emozione. Il cuore è rosso ed è in vetrina. Qualcuno prova a sfiorarlo ma non riesce a raggiungerlo. E' chiuso e protetto da una rete fitta fitta di consapevolezze e paure. Forse, per una volta, devo smetterla di difendermi quando pericolo non ce n'è e lasciare che le libellule mi volino più vicino. Forse.
[Já sei namorar Já sei beijar de língua Agora, só me resta sonhar .. Se você quer a vida em jogo Eu quero é ser feliz ..Eu sou de ninguém Eu sou de todo mundo .. ]
On air: "Jà Sei Namorar" - Tribalistas.
Foto: Elias.
13 aprile 2008
Entro in punta di piedi. Mi sfilo gli stivali come una gatta in bilico su una ringhiera. Le luci in salotto sono ancora accese, una candela, spenta da poco, profuma tutta la stanza di vaniglia. E' quasi giorno fuori. Mi siedo sulla mia poltrona preferita, ancora col cappotto indosso, mi massaggio il piede sinistro e rido come una stupida tra me e me ripensando alla notte vissuta. Gli sguardi lontani e quelli vicini. I messaggi segreti mandati a pochi metri di distanza. Le provocazioni, la salsa danzata con quella ragazza dalla pelle cioccolata e i denti avorio, la vodka che scorre nella gola e cola nel petto riscaldandolo tutto. Il sudore si gela sulla pelle e le si attacca come la sabbia del mare. Il vento fresco della mattina accarezza i capelli ormai scuri. Le sedie dei bar della piazza sono tutte in ordine, i tavolini puliti, nessuna voce risuona nell'aria, l'acqua della fontana scorre discreta, senza far rumore. Il Pantheon è il re, stanotte. Stanca di camminare, riprendo forza, sedendomi sui suoi gradini e penso al sole che tra poche ore farà la sua comparsa. Il trucco è sfatto, i capelli sono umidi, ho ballato stanotte, ho riso, ho cantato, ho goduto stanotte di me e della mia gioia d'esserci. Il mio pensiero ti ha amato da lontano, mentre chissà quale lugar i tuoi occhi, per la prima volta, mangiavano stanotte. Sulla tua lingua si sciolgono parole spagnole e - sulla mia - si dissolvono fragoline di bosco. Tutto è surreale, tutto è magico, impossibile ma realizzabile. Mi sento persa, per un attimo. Cosa ci faccio qui? Riapro gli occhi, mi guardo. I capelli incorniciano il mio viso stanco e gli occhi raccontano di me, di un azzurro che anche al buio sa risplendere. Si balla ancora dopo aver dormito solo poche ore. Il sole è alto, il lago ci aspetta. Mi addormento su un prato come una bambina. Tu, silenzioso, non mi svegli. Attendi il mio risveglio, guardando lontano. Dove si perdono i tuoi pensieri? I miei non sono capaci di raggiungerli. I sentimenti si accavallano. La musica scioglie il silenzio, il lago s'allontana rimanendo muto e fermo. Le nuvole giocano col cielo ed un senso di serenità m'invade tutta, insieme alla voglia di piangere - improvvisa e senza senso. Di colpo, vedo ciò che ho e forse, per una volta, capisco che è ciò che voglio davvero.
V i v e r e .
"Toc-Toc" - "Chi é?".
Da una lettera virtuale, inaspettata.
"...la ragazza col bicchiere d'acqua...se sta un pò di lato è forse perchè sta pensando a qualcuno.." - "A qualcuno del quadro?" - "..no, piuttosto a un ragazzo incontrato altrove..ma..lei ha l'impressione di essere un pò simile a lui." - "Aah..in altri termini preferisce immaginare un rapporto con qualcuno che non c'è piuttosto che creare un legame con quelli che sono lì con lei..".
Ho cercato e ti ho trovata.
12 aprile 2008
05 aprile 2008
Dis-moi.
Répondez-moi, s'il vous plaît.
On air: "Depuis Toujours" - Louise Attaque.
03 aprile 2008
jamais plus petite!
On air: "Vertige" - Camille.
Foto di Wordsforsnow.
30 marzo 2008
Bella Linda.
Il primo sole di primavera accarezza i pomeriggi romani. Le ore s'inseguono col fiato appeso a speranze e proiezioni; si abbandonano su prati umidi, per riposare e ricominciare la corsa. Si compone un numero che si pensava dimenticato.
On air: "Tempo Perduto" - Sergio Cammariere.
Foto di Spilled Coffee.
25 marzo 2008
Soupirs.
Le palpebre, stanche, si abbandonarono al sonno. Il cuore, d'improvviso, sussultò. Aprii gli occhi e ti trovai là, al mio fianco. Sulle labbra si coricò una curva inaspettata. Richiusi gli occhi - le mie finestre sul mondo - pensando che il tempo, troppo pigro, si fosse preso una pausa, anche lui.
Un raggio di luce squarciò quel telo grigio ed io ritornai ad essere me stessa. Le gambe incrociate, i capelli sciolti sulle spalle, le mani a riscaldare i piedi, gli occhi lucidi come il vetro della finestra.
Con la testa inclinata da un lato, ti guardai per capire se fossi vero, come fanno i bambini osservando, increduli, la fissità delle guardie svizzere in Vaticano.
"Ma tu sei vero?". Esclamai a cinque anni.
Nessuna risposta ebbi.
"E tu invece? Tu sei vero?". Esclamai vent'anni dopo.
Nessuna risposta ebbi. Solo uno sguardo sorridente.
Allora, ingenuamente, tornai a sospirare, sotto le coperte, cogl'occhi chiusi e i piedi freddi.
On air: "Un jour il faudra partir" - Superflu.
20 marzo 2008
Encore. 2m1.
Perditi nella tempesta di quest'animo folle come il volo di un gabbiano che non trova più il suo nido.
Ridi, piangi con me. per me. di me. Ancora. Una volta. Un'autostrada di colori percorrerai. Il mio pensiero t'accompagnerà silente. volente. dolente. Il mio sguardo su di te come una sigaretta ritrovata in un cassetto dimenticato. Siamo palmo contro palmo. Sguardo nello sguardo. La tua paura nella mia paura. La tua emozione si ciberà della mia. La voce si romperà in suoni sconosciuti e la lingua sarà una fragola succosa. Non mordermi il cuore, non domani. Perchè, questa volta, non so che sapore avrà.
On air: "La Demeure d'un Ciel" - Camille.
Foto: "Repos" di Moumine.
18 marzo 2008
Histoires de Filles.
Gli occhi bassi volevano perforare il terreno, quasi a cercare una via di fuga per quelle parole. Il tuo amore scivolava su una parete di cristallo. Mi sembra di vederlo ancora mentre s'arrampicava, posso - ancora - ascoltare il rumore stridente dei suoi artigli mentre provava a non precipitare nel vuoto. Silenzio. Intorno è buio. Si brancola in quest'oscurità come tante anime in pena, in cerca di un riparo, qualsiasi esso sia.
All'improvviso, la pelle s'inspessisce. Si sente un brivido correre dai capelli fin sotto la pianta dei piedi. Una mano t'afferra e ti porta alla fine del tunnel dove s'intravede una luce, un piccolo bagliore.
Ti lasci cullare tra le sue braccia mentre il mare s'infrange sulla scogliera e Positano - di notte - è una cortigiana con cui far all'amore, di nascosto, senza far rumore. Soffochiamo la sofferenza con questi nuovi amori.
Amori che hanno iniziali nuove, tutte ricamate in rilievo, in basso a sinistra, sotto il cuore.
Quello che è stato diviene un souvenir. Lo chiudi in quelle ampolle sommerse d'acqua, come quelle che compri in vacanza.
Ecco. Proprio così devi fare. Prendi il bello ch'è stato e chiudilo in una bolla di cristallo, con la neve artificiale. Ogni ricordo è un pezzo di storia, contenuto in pochi centrimetri circolari d'amore.
La tristezza e la paura d'aver perso tempo, tienile fuori da quella piccola magia innevata.
Fa parte di qualcosa che non è più. Fa parte di quella te, che qui, non è più.
La ragazza che eri, ora, è una donna che s'affaccia alla finestra di casa. Le guance tue verranno baciate dal sole di marzo, ché sei bella tu. Negl'occhi tuoi tutto il profumo del mare d'inverno riesco ad annusare. I tuoi fili dorati intrecciano tutta la femminilità e la forza della nostra famiglia.
Gli abbandoni ci hanno colte troppo giovani. Dietro le sbarre della paura abbiamo nascosto i nostri visi gonfi di lacrime ed incertezze. Siamo riuscite ad asciugarci gli occhi e a guardare oltre. Lontano da lì, lontano dal passato. Lontano da qui.
La storia di noi donne sembra esser stata scritta da qualche dio capriccioso.
Ma è giunto il momento di rovesciare il tavolo con tutte le lettere.
Mischiamole, perdiamoci in un caos calmo, ritroviamo quello che siamo, la nostra essenza più vera, liberandoci di fardelli e pregiudizi, di falsi miti e futili simboli.
Spogliamoci delle nostre paure e restiamo così. Nude. Di fronte a noi stesse per capire, per capirci.
Diamo spazio all'azzardo, al destino, a ciò che non si può controllare, senza temere.
Fa che quel ragazzo dagli occhi limpidi ti prenda per mano e ti mostri la strada di quella che, Lui, chiama felicità.
Ogni lingua ha una parola tutta sua per esprimere la "felicità". Io non ce l'ho. Non so definire quali contorni linguistici essa abbia. So, per certo - però - di saper riconoscere quando si presenta alla mia porta.
Lei ha scarpe rosse, un vestito a pois verde e bianco ed un buffo cappello in testa. La voce sottile e le mani affusolate. Il naso rotondo e gli occhi come due fessure socchiuse.
Se dovessi vederla, sorella mia, invitala per un té. E salutamela tanto. Dille che la sto attendendo, con ansia. Anche solo per pochi minuti. Ché ho voglia di sentire ancora il suo profumo.
On air: "Ti Scrivo" - G. Allevi.
Foto: "Les Filles" di Moumine.
17 marzo 2008
Tempête.
On air: "Vingt-cinq ans" - Superflu.
14 marzo 2008
Changement.
12 marzo 2008
Petits Mots.
On air: "Fiore del Male" - Valentina Lupi. (merci à toi* pour cette chanson magnifique)
10 marzo 2008
Juste une Fois.
Mi connetto, ti connetti.
Sei in equilibrio sulla mia stessa onda, ora? Sotto la stessa pioggia. Un messaggio vola dalle mie mani, fugace, pieno di sentimenti contrastanti. Un bacio galeotto, forse. La tua confusione, la mia confusione. Mi perdi, io torno. Ti perdo, tu torni. La mia mente è alla stazione. Il treno è fermo, aspetta ancora.
Quando sentiremo il fischio, saltiamo su. Altrimenti, sarà troppo tardi.
La consapevolezza che succede "una sola volta nella vita".
La vita, come un metrò. Si aprono le porte, tu sali. La gente spintona, legge il giornale, luce al neon, sedili arancioni, occhiali scuri, emmeppi3 nelle orecchie, volti stranieri, lingue uguali. Ti guardi intorno, l'umanità ti penetra nei pori della pelle. Mangi sorrisi e volti incazzati. Le parole le leggi nelle pupille, non c'è bisogno di suoni.
Raccontami di te, ancora. Guardami dritto negli occhi e dimmi: "would you like to dance with me?".
On air: "Parisien du nord" - Cheb Mami avec K- Mel.
Foto: "Perhaps" di Moumine.
04 marzo 2008
Paradoxe.
E come un dono abbraccio le parole di un'Amica che, tempo fa, in una mattina qualsiasi d'agosto, fece librare in volo i suoi pensieri affinchè il mio cuore si sentisse meno solo:
[..resto zitta di fronte a quanto è stato, ma non posso certo pretendere che il mio cuore da un giorno all'altro assorba l'urto. non posso comandargli nulla, come non gli ho comandato certo, a suo tempo, di desiderarti.
il rituale dell'allontanamento richiede un pò di tempo. ci vuole spazio per lo spostamento fisico, perseveranza nel mantenere adeguate distanze mentali. ed è questo che meno accetto: il modo, la coreografia del distacco.
oggi sono uscita a comprarmi una maglia, tutta gialla.
lunedì prendo le forbici e taglio i capelli.
ogni mattina mi sveglio e guardo dalla finestra mentre il caffé sbrodola fuori dalla macchinetta. poi accendo la radio, e appoggio la testa al gomito.
se proprio mi viene voglia di piangere, lo faccio...].
Sono stata spugna, ombrello, guanto, roccia, specchio.
Oggi vorrei essere piuma. leggera. bianca, quasi trasparente. scrivere di questo a m o r e.
On air: "Forrest Gump O.S.T.".
Foto di Moumine.
02 marzo 2008
12 Minuti.
La ragione prende il sopravvento. Allora tutto è chiaro: Tu non sei Nino, Io non sono Amelie. Non vivo a Montmartre, io. Vivo in una città dove la gente muore - di notte - per strada, perchè fuori è freddo. Si prova a venirsi incontro, ma quando la montagna è troppo alta e lassù c'è troppo ossigeno, non ce la faccio a trattenere il fiato. Sono un pesce, con la bocca aperta e gli occhi grandi. Sono un pesce appena pescato. Mi dimeno, sbatto la coda, ma so quale sarà la mia fine. Sto morendo, questo sentimento sta morendo. Non c'è nulla che io possa fare, non più. Tolgo l'armatura delle crociate e rimango nuda coi miei pensieri. Non ci sono ricordi, non ora. La mia mente smette di viaggiare nel passato. Guarda a quel che sarà domani, quel domani così incerto nonostante il cielo sia sempre più blu. Un domani senza nome e senza odori. Un presente su cui mi arrampico, a testa in giù, senza risposte. Le domande si asciugheranno, come i miei occhi.
Sono funambola in questa vita. Prendete pure posto, senza numero. Lo spettacolo è appena iniziato. Piroetterò, cadrò, mi farò male, sorriderò, e mi rialzerò.
Dodici minuti per dirsi addio.
Allora io, elefante stanco, chiudo la porta, m'imballo il cuore, aspettando che questo sole secchi sangue e lacrime.
On air: "L'Orologio degli Dei" - G. Allevi.
Foto: "Spider" di WordsforSnow.
27 febbraio 2008
Réalité?
On air: "The Passenger" - Iggy Pop.
Foto di Claudio Martella.
24 febbraio 2008
Espoir.
21 febbraio 2008
Tapis Roulant d'Emozioni.
Non parlo italiano, non parlo francese. Non parlo spagnolo o inglese. Parlo il linguaggio del cuore, io. Quello che viene sputato fuori, di getto, dalla bocca dello stomaco. La lingua è un tapis roulant su cui si srotolano parole senza suono, ma se avrai orecchie attente, potrai percepirne anche le sottili pause.
I lampadari delle case sono spenti, piccoli insetti si inseguono, in circolo, sotto la luce del neon del lampione, giù in strada.
Stanotte è una di quelle notti in cui c’è tanto tempo per riflettere, ma troppo poco per parlare. Una notte di quelle in cui ti giri e ti rigiri nel letto. Le braccia incrociate sotto la testa, sono il tuo cuscino. Provi a distenderti sul lato destro, poi sul sinistro. Scosti coi piedi il piumone che sembra di cemento. Sistemi i capelli lunghi tutti da un lato mentre fissi le foto sulla console di fianco al letto. Ma nemmeno così il sonno cade sulle tue palpebre. La musica non colma quel vuoto che hai dentro, stanotte. Sotto il mento hai quell’espressione che avevi da bambina, quando qualcosa andava storto. Quell’espressione che chiamavi “mentuccio” e che bastava così poco per farla sparire. Porti le gambe al petto, come un feto. Ti viene in mente di quando tua madre ti raccontava che papà le appoggiava le cuffie dello stereo sul pancione, prima di andare a dormire, affinché tu potessi sognare gli angeli del cielo. Una notte era un Notturno di Chopin o il Clair de Lune di Debussy, se a decidere era mamma. La notte dopo c’erano le percussioni di Bruce Springsteen a parlarmi da quella spessa parete di vita e di pelle, se aveva vinto papà. Chissà se riuscivo a sentire quei suoni, a capire che i miei genitori si stavano amando. Dio.. quanto tempo è passato, eppure le percussioni di Bruce rimangono le stesse come i timpani che le ascoltano.
Vorresti essere altrove, stanotte. In un letto d’hotel, di quelli coi comodini uguali ed i cassetti vuoti, coi granelli di polvere impercettibile. Quegli hotels con la tivvù di fronte al letto e le lenzuola che hanno quel profumo di pulito industriale ed i cuscini sono sempre troppo alti o troppo bassi. Vorresti che nulla di ciò che hai intorno ti appartenesse. Nessun ricordo, nessun brivido che ti scivoli lungo la schiena. Vorresti ricominciare daccapo, da zero. Aprire una valigia e trovarla vuota. Ancora da riempire. Colmarla di sogni e speranze, di abiti colorati, tutti a fiori, così dannatamente inglesi, come il sangue che scorre nelle tue vene.
Vorresti che la porta della tua camera fosse la porta di un hotel. Che ci fosse disegnata la mappa del corridoio e la via di fuga in caso d’emergenza. Che ci fosse un estintore capace di spegnere le delusioni cocenti. Che quello che hai intorno non ti raccontasse la sua storia, che ogni cosa non portasse il suo nome.
Vorresti che sulla tua porta ci fosse disegnata una freccia con scritto: “Exit”. Vorresti che una volta imboccata l'uscita, ci fosse una strada tutta dritta, senza bivi, senza diramazioni. Che non ci fosse bisogno di voltarsi indietro, mai. Neanche per un istante.
"..le incomprensioni sono così strane sarebbe meglio evitarle sempre per non rischiare di aver ragione ché la ragione non sempre serve".
On air: "Streets of Philadelphia" - Bruce Springsteen.
Foto di Moumine.
17 febbraio 2008
Distanzattesa.
.29 Dicembre 2007. [ogni parola del passato ha voce]
Si cerca di prendere le distanze da tutto.
Dalle cattive notizie che ascolti al telegiornale, in cucina, mentre scoli la pasta; da una bestemmia gridata contro il cielo da un ragazzo che non conosci; dalla tristezza che aleggia intorno alle bancarelle degli indiani che per soli cinque euro ti vendono collane di perline che dita sottili, una ad una, hanno cucito ed infilato; dalla grettezza umana che è così grossolana; dal provincialismo nascosto dietro ogni griffe stampata su sciarpe marroni e nere; dalla solita grigia storia a cui non vuoi più dare un nome. Ti nascondi dietro il grande collo nero della giacca. Porti il cappello fin sotto le sopracciglia, guardando il mondo da una fessura. Un senso di costrizione ti prende alla gola, come se ti mancasse l'aria. Apri la bocca cercando di far uscire un vagito, come un neonato.
Vorresti che la sensibilità si stratificasse come si stratifica la cera sciolta delle candele. Avete mai provato a giocare col liquido caldo delle candele? Bene. Quando quel liquido si attacca alla pelle diventa immediatamente duro e solido. Vorresti che la pelle fosse come la cera dura delle candele. Vorresti che nessun fiammifero, nessuna fonte di calore s'avvicinasse alla tua candela, che non ci fossero più stoppino, nè scintilla alcuna. La sensibilità ti scortica, ti sbuccia come si sbucciano le ginocchia dei bambini in una brutta caduta, diventa pelle viva e poi fluido sangue.
Si nuota nei propri sogni e si ha paura d'affogare.
.17 Febbraio 2008. [la voce, oggi, rimane senza suono]
Si attende. La primavera. Una lisca di pesce. Un tappeto da graffiare. Una carezza.
On air: "Please, please, please, let me get what i want" - The String Quartet.
Foto di Moumine.