“..le incomprensioni sono così strane sarebbe meglio evitarle sempre”.
Così recitava una canzone di qualche anno fa.
Non parlo italiano, non parlo francese. Non parlo spagnolo o inglese. Parlo il linguaggio del cuore, io. Quello che viene sputato fuori, di getto, dalla bocca dello stomaco. La lingua è un tapis roulant su cui si srotolano parole senza suono, ma se avrai orecchie attente, potrai percepirne anche le sottili pause.
I lampadari delle case sono spenti, piccoli insetti si inseguono, in circolo, sotto la luce del neon del lampione, giù in strada.
Stanotte è una di quelle notti in cui c’è tanto tempo per riflettere, ma troppo poco per parlare. Una notte di quelle in cui ti giri e ti rigiri nel letto. Le braccia incrociate sotto la testa, sono il tuo cuscino. Provi a distenderti sul lato destro, poi sul sinistro. Scosti coi piedi il piumone che sembra di cemento. Sistemi i capelli lunghi tutti da un lato mentre fissi le foto sulla console di fianco al letto. Ma nemmeno così il sonno cade sulle tue palpebre. La musica non colma quel vuoto che hai dentro, stanotte. Sotto il mento hai quell’espressione che avevi da bambina, quando qualcosa andava storto. Quell’espressione che chiamavi “mentuccio” e che bastava così poco per farla sparire. Porti le gambe al petto, come un feto. Ti viene in mente di quando tua madre ti raccontava che papà le appoggiava le cuffie dello stereo sul pancione, prima di andare a dormire, affinché tu potessi sognare gli angeli del cielo. Una notte era un Notturno di Chopin o il Clair de Lune di Debussy, se a decidere era mamma. La notte dopo c’erano le percussioni di Bruce Springsteen a parlarmi da quella spessa parete di vita e di pelle, se aveva vinto papà. Chissà se riuscivo a sentire quei suoni, a capire che i miei genitori si stavano amando. Dio.. quanto tempo è passato, eppure le percussioni di Bruce rimangono le stesse come i timpani che le ascoltano.
Vorresti essere altrove, stanotte. In un letto d’hotel, di quelli coi comodini uguali ed i cassetti vuoti, coi granelli di polvere impercettibile. Quegli hotels con la tivvù di fronte al letto e le lenzuola che hanno quel profumo di pulito industriale ed i cuscini sono sempre troppo alti o troppo bassi. Vorresti che nulla di ciò che hai intorno ti appartenesse. Nessun ricordo, nessun brivido che ti scivoli lungo la schiena. Vorresti ricominciare daccapo, da zero. Aprire una valigia e trovarla vuota. Ancora da riempire. Colmarla di sogni e speranze, di abiti colorati, tutti a fiori, così dannatamente inglesi, come il sangue che scorre nelle tue vene.
Vorresti che la porta della tua camera fosse la porta di un hotel. Che ci fosse disegnata la mappa del corridoio e la via di fuga in caso d’emergenza. Che ci fosse un estintore capace di spegnere le delusioni cocenti. Che quello che hai intorno non ti raccontasse la sua storia, che ogni cosa non portasse il suo nome.
Vorresti che sulla tua porta ci fosse disegnata una freccia con scritto: “Exit”. Vorresti che una volta imboccata l'uscita, ci fosse una strada tutta dritta, senza bivi, senza diramazioni. Che non ci fosse bisogno di voltarsi indietro, mai. Neanche per un istante.
Non parlo italiano, non parlo francese. Non parlo spagnolo o inglese. Parlo il linguaggio del cuore, io. Quello che viene sputato fuori, di getto, dalla bocca dello stomaco. La lingua è un tapis roulant su cui si srotolano parole senza suono, ma se avrai orecchie attente, potrai percepirne anche le sottili pause.
I lampadari delle case sono spenti, piccoli insetti si inseguono, in circolo, sotto la luce del neon del lampione, giù in strada.
Stanotte è una di quelle notti in cui c’è tanto tempo per riflettere, ma troppo poco per parlare. Una notte di quelle in cui ti giri e ti rigiri nel letto. Le braccia incrociate sotto la testa, sono il tuo cuscino. Provi a distenderti sul lato destro, poi sul sinistro. Scosti coi piedi il piumone che sembra di cemento. Sistemi i capelli lunghi tutti da un lato mentre fissi le foto sulla console di fianco al letto. Ma nemmeno così il sonno cade sulle tue palpebre. La musica non colma quel vuoto che hai dentro, stanotte. Sotto il mento hai quell’espressione che avevi da bambina, quando qualcosa andava storto. Quell’espressione che chiamavi “mentuccio” e che bastava così poco per farla sparire. Porti le gambe al petto, come un feto. Ti viene in mente di quando tua madre ti raccontava che papà le appoggiava le cuffie dello stereo sul pancione, prima di andare a dormire, affinché tu potessi sognare gli angeli del cielo. Una notte era un Notturno di Chopin o il Clair de Lune di Debussy, se a decidere era mamma. La notte dopo c’erano le percussioni di Bruce Springsteen a parlarmi da quella spessa parete di vita e di pelle, se aveva vinto papà. Chissà se riuscivo a sentire quei suoni, a capire che i miei genitori si stavano amando. Dio.. quanto tempo è passato, eppure le percussioni di Bruce rimangono le stesse come i timpani che le ascoltano.
Vorresti essere altrove, stanotte. In un letto d’hotel, di quelli coi comodini uguali ed i cassetti vuoti, coi granelli di polvere impercettibile. Quegli hotels con la tivvù di fronte al letto e le lenzuola che hanno quel profumo di pulito industriale ed i cuscini sono sempre troppo alti o troppo bassi. Vorresti che nulla di ciò che hai intorno ti appartenesse. Nessun ricordo, nessun brivido che ti scivoli lungo la schiena. Vorresti ricominciare daccapo, da zero. Aprire una valigia e trovarla vuota. Ancora da riempire. Colmarla di sogni e speranze, di abiti colorati, tutti a fiori, così dannatamente inglesi, come il sangue che scorre nelle tue vene.
Vorresti che la porta della tua camera fosse la porta di un hotel. Che ci fosse disegnata la mappa del corridoio e la via di fuga in caso d’emergenza. Che ci fosse un estintore capace di spegnere le delusioni cocenti. Che quello che hai intorno non ti raccontasse la sua storia, che ogni cosa non portasse il suo nome.
Vorresti che sulla tua porta ci fosse disegnata una freccia con scritto: “Exit”. Vorresti che una volta imboccata l'uscita, ci fosse una strada tutta dritta, senza bivi, senza diramazioni. Che non ci fosse bisogno di voltarsi indietro, mai. Neanche per un istante.
"..le incomprensioni sono così strane sarebbe meglio evitarle sempre per non rischiare di aver ragione ché la ragione non sempre serve".
On air: "Streets of Philadelphia" - Bruce Springsteen.
Foto di Moumine.
17 commenti:
ciao Kiki
pensavo a quella valigia vuota...tutta da riempire...sto pensando di tirarla fuori da sotto il letto e ricominciare.
pensavo a quanto sei diventata brava, a quanto i tuoi post siano belli a quanto le cose che scrivi abbiano dei contorni che fanno sognare...
cara ti abbraccio, come sempre con tanto affetto
Matteo
Credo che sia la camera che molti di noi vorrebbero. o che almeno ognuno di noi ha desiderato almeno una volta nella vita.
non credo ci sia da molto aggiungere, c'è solo da leggere e riflettere. per me quello che hai scritto è maledettamente familiare.
ciao kiki!
Cerchi una via di fuga mi pare di capire!? Ebbene io ho passato notti come la tua e conosco bene questa canzone... Queste tempeste si placano, sta nell'ordine degli eventi, da queste sensazioni costruirai il tuo prossimo viaggio...Anche se fa male non abbandonare mai la tua dimensione!
Salut
Dimenticavo....
complimenti per il blog, soprattutto per il quadro iniziale, che tempo fa usavo anche io nel mio template, per essere dell'82 e per questa voglia di cercarsi, ma non trovarsi mai (penso sia congenita all'annata;-))
Come hai ragione kiki, le tue parole mi solleticano sempre il cuore!
Stanze d'albergo, valigie vuote?
perchè rifugiarsi, scappare oppure voler tornare innocenti?
SI CRESCE...si va avanti...esistono le scatole per chiudere i ricordi, verdrai che dopo il giusto tempo in quelle scatole non ci sarà nulla per cui scappare...
scusa, forse ho letto nelle tue splendite parole qualcosa che non c'era...
Ascoltando Debussy ogni cosa può accadere. Leggerti fa stare bene. Una parola su tutte. Armonia. Di questo ti ringrazio.
@Teo: quando vedo il tuo nome tra i commenti, sorrido, sempre. Mi ricordo di quella sera alla festa di M. Il tuo sguardo che - timido e un pò incerto - si posò su di me. E' sempre un piacere, credimi, sapere che ci sei. A modo tuo, a modo mio. Ti abbraccio e spero che tu sia felice.
@S1lvia: grazie per esser tornata qui. Maledettamente familiare eh? Sono sentimenti che non ho provato solo l'altra notte ma che solo oggi sono riuscita ad esternare, a mettere "rosso su nero" e, dopotutto, non è così male. La notte dopo, però ho sognato, ad occhi chiusi, come tutti. Ti posso mandare un bacio? Massichetelomando. Ps. Linkata! E non è una minaccia! ;P
@Ganassa: Salut ragazzodell'82! Grazie e bentornato dalle mie parti..ricordo che un tempo ci leggevamo, poi, forse ci siamo persi..ma ora cercherò di seguirti, se ti fa piacere. Ps. MAI perdere la propria dimensione.. ;)
@Aryadne: volevo dirti che passo da te anche se spesso non commento..rimango, in silenzio, a riflettere (ps. bellissimo il tuo pezzo sull'olocausto). Grazie per il passaggio. Un sorriso per te...
@12: il tuo commento mi ha colpita, particolarmente. Hai scritto "perchè rifugiarsi, scappare oppure voler tornare innocenti?.. SI CRESCE". Sembra una frase "semplice" la tua. Ed invece non lo è. Sei andato dritto al cuore della questione, hai letto non dietro le mie righe rosse, ma dietro lo schermo nero. Mi lasci un sorriso, particolare, come il tuo commento. Grazie.
@DES: se non finirai di farmi arrossire come fai, con questi tuoi commenti..qui come si fa? Eh? Sai dirmelo??! Non conosco i tuoi occhi o la forma delle tue mani, ma so che dietro questo schermo c'è un giovane uomo con un suo mondo tutto da ascoltare. Grazie a te per le risate che sei capace di procurarci, per le riflessioni che ci induci a fare e per la profondità del pensiero che c'è anche dietro ogni risata apparente. Un abbraccio.
Conosco bene queste sensazioni.
Tornerò presto.
Ti abbraccio
ire
Piccola Kiki,
la vita è bastarda e la via è tortuosa. Essere altrove eppure sempre di essere, si tratta. Dovunque andremo, qualsiasi cosa faremo, la memoria e il ricordo di noi stessi continuerà a battere il dito sulla spalla, per farci capire che ci segue in continuazione. E noi, come in un giochino perverso, non potremo esimerci dal voltarci per vedere chi è che ci chiama...
La valigia purtroppo non si può svuotare. Cerca di portarla con te, immaginandola piena di souvenirs de voyage: in fondo la vita è un viaggio, e non sono il primo a dirlo. Bisogna prenderla con filosofia... e un pizzico di ottimismo, anche quando tutto sembra girare per il verso sbagliato.
Un abbraccio da un altro dei migliaia di erranti della vita...
Ady
@Instanbul: grazie della visita. Sono entrata nella tua Instanbul. Le foto, bellissime. I colori ed i profumi che ho immaginato, così veri. Ti linko così ti seguo, dalla mia città che tempo non ha.
@AdY: amico, grazie di queste parole. La valigia l'ho aperta, la mattina dopo e l'ho trovata colma di tutto quello che la sera prima mi faceva male. L'ho aperta e ho sorriso. Un'altra notte è scivolata via, come l'acqua sotto i ponti di trastevere, come le mie dita tra i capelli. Bisogna essere ottimisti..sempre.
Je t'embrasse et bon courage à toi aussi, petit.
Grazie, farò altrettanto, ne sono onorata.
Torno per rileggere questo post, hai dato parole a qualcosa che conosco bene e.. e riesco solo a piangere adesso.
A presto
...e vorresti che le tue orme fossero come passi sulla spiaggia: cancellate dal mare. Perché è così che si combattono i rimpianti, i dubbi, i dolori...ma c'è anche del bello nel sapere di voltarsi indietro per vedere quanta strada hai percorso... beh, mi metto su Bruce pure io, va ;)
Bonjour tesorooooooooo!!!
Stamattina c'è il sole, sono tornata a casa e mamma mi ha preparato i calamari ripieni che desideravo, mi ha letto nel pensiero!!!
Dirai Rò ma sei pazza?
Piccola qui dicono che in questo periodo sono sovraeccitata, sempre elettrica, mi hanno tolto il caffè!!!
sarà che si avvicina giugno..;)
Piccola questa settimana si studia insieme?
Mi manchi
Buongiorno e buon weekend
non so cosa causi la tua "notte agitata", le mie, di solito sono dovute alle ombre del futuro :/
un bacio :*
Sai, proprio ieri sera, dopo una di quelle strane incomprensioni, mi cantavo quella canzone nella mente.
E mi sono sentito come te, stanco di ogni cosa accaduta, del presente.
Ma il bello di queste sensazioni è che poi passano... :)
Un abbraccio, petite
@Instanbul: una carezza, per te.
@Pmor: già.. è quasi una sicurezza per noi stessi, il voltarsi e vedere che si sono percorsi metri di spiaggia, di vita. Grazie per esser passato di qua.
@Rain: piccolaRò, vorrei studiare con te, credimi, ma sono davvero altrochè elettrica.. ;S
L'esame si avvicina ed io non sto nemmeno a metà dell'opera. Arg. La vedo molto dura! Cmq, appena esco dal periodo "studio matto e disperato" ci vediamo. Toi aussi, tu me manques! Bisous.
@Baol: "le ombre del futuro". Bella quest'immagine, sai? Anche quest'altra "nuttat" è passata.. ;)
@Demian: caro amico della mia Amelie, io e te, pare che viaggiamo sulla stessa strada, spesso.. sì, è bello quando tutto passa e lascia solo un sapore agrodolce. E dopotutto, non è così male. Un abbraccio a te.
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