Le mura della sua stanza sono come un fortino. Ci si chiude nel proprio mondo, si viaggia su questa voce accompagnata dal ticchettio di dita - su questa tastiera nera a lettere bianche - che ne tiene il tempo.
Il tempo. Si pensa di averne sempre a disposizione.
Stanotte ha sognato suo nonno. Ha pianto abbracciata a lui, gli ha implorato di restare, ancora un pò, solo un altro pò tra le sue braccia. Apriva le narici sulla sua giacca di velluto. Ne respirava l'essenza, l'assenza. Nei suoi grandi occhi di ghiaccio ha letto la distanza che c'è tra la realtà ed il sogno, tra la speranza e l'impossibilità di cambiare. Eppure quegli occhi di ghiaccio l'hanno riscaldata.
Non si è struccata ieri, prima di andare a dormire.
Stamattina si è svegliata con il rimmel un pò sciolto sotto le ciglia. Ha pianto nel sogno. Ha pianto nel sonno.
E' triste, oggi. E' triste d'essere triste e ha un nodo in gola che non riesce a sciogliere. A volte desidera d'esser sola, di non appartenere a nessuno, di non sentirne il bisogno. Si ha voglia di bastare a se stessi. Vorrebbe evitare di prendere la rincorsa per saltare gli ostacoli. Perchè quando si cade dal terzo piano ci si fa male.
Invece, quegli ostacoli ci sono. C'è la voglia di andare lontano. La voglia di essere nomade, senza famiglia, senza casa, senza valigia. Portare, appesi al collo, solo i ricordi, intrecciati come una collanina di margherite. Ingoia queste parole che nascono dalle sue mani, senza che lei possa fermarle. Crescono e trovano questa pagina nera. Il cursore lampeggia e le incoraggia. Ventiquattro righe ed ancora dolore e ancora paura, parole vomitate mentre si sta ancora mangiando. E le parole si prendono per mano. Fanno quello di cui lei non è capace. Si lasciano prendere per mano. Lei, no. Lei scivola lentamente sul suo dolore e si lecca il pelo - ed il vizio che non perde - come i gatti.
Vorrebbe che dai suoi occhi cadessero lacrime artificiali.
Ma le sue non sono artificiali. Sono lacrime secche. E sono ancor più amare e salate.
In un'altra stanza, piccoli quadri impressionisti incorniciano le mura color pesca. Lei è seduta sul bordo del letto, fuma, nervosamente. Si dondola su se stessa, inseguendo su colline scoscese, le sue preoccupazioni. Il fumo prende le forme delle ore. Le ore che lei trascorre coi suoi silenzi. Ma questi sono troppo rumorosi perchè gli altri non se ne accorgano. Lamenti nella notte e singhiozzi soffocati e deliri esistenziali e ricordi che hanno la forma di antichi abiti cuciti a mano e sofà bordeaux tutt'impolverati. Il passato che suona il "Requiem di Mozart" e s'immagina il suo funerale. Quanta tristezza aleggia in quel fumo. Quello stesso fumo che racconta di lei liceale, di lei in quella Deux Chevaux partita dal sud Italia e arrivata sino a Bruge. Una perla blu sorretta da tre piccoli diamanti intorno al suo collo. Questo è quello che avrebbe desiderato regalarle. Rinunce e frustrazioni. Auguri scritti a mano, con una grafia che trema e ha la forma di lettere infantili. Si gioca a fare il ruolo della vittima e del carnefice. Oggi si è agnello sacrificato, domani lupo famelico. Il fumo si dissolve e rimane il suo viso che le parla senza proferire suono. Il suo viso riesce a straziarle gli occhi. Quanto dolore in quegl'occhi e quanta impotenza. Quanta rabbia e quanto passato masticato e non digerito. Si urla, silenziosamente, al cielo. Bestemmia un dio che non è il suo, ad occhi bassi. Si maledice il giorno in cui. Si ama. Si odia. Si respira quel fumo. Si mangiano unghie ed anima. E si torna a dondolare.
Il tempo. Si pensa di averne sempre a disposizione.
Stanotte ha sognato suo nonno. Ha pianto abbracciata a lui, gli ha implorato di restare, ancora un pò, solo un altro pò tra le sue braccia. Apriva le narici sulla sua giacca di velluto. Ne respirava l'essenza, l'assenza. Nei suoi grandi occhi di ghiaccio ha letto la distanza che c'è tra la realtà ed il sogno, tra la speranza e l'impossibilità di cambiare. Eppure quegli occhi di ghiaccio l'hanno riscaldata.
Non si è struccata ieri, prima di andare a dormire.
Stamattina si è svegliata con il rimmel un pò sciolto sotto le ciglia. Ha pianto nel sogno. Ha pianto nel sonno.
E' triste, oggi. E' triste d'essere triste e ha un nodo in gola che non riesce a sciogliere. A volte desidera d'esser sola, di non appartenere a nessuno, di non sentirne il bisogno. Si ha voglia di bastare a se stessi. Vorrebbe evitare di prendere la rincorsa per saltare gli ostacoli. Perchè quando si cade dal terzo piano ci si fa male.
Invece, quegli ostacoli ci sono. C'è la voglia di andare lontano. La voglia di essere nomade, senza famiglia, senza casa, senza valigia. Portare, appesi al collo, solo i ricordi, intrecciati come una collanina di margherite. Ingoia queste parole che nascono dalle sue mani, senza che lei possa fermarle. Crescono e trovano questa pagina nera. Il cursore lampeggia e le incoraggia. Ventiquattro righe ed ancora dolore e ancora paura, parole vomitate mentre si sta ancora mangiando. E le parole si prendono per mano. Fanno quello di cui lei non è capace. Si lasciano prendere per mano. Lei, no. Lei scivola lentamente sul suo dolore e si lecca il pelo - ed il vizio che non perde - come i gatti.
Vorrebbe che dai suoi occhi cadessero lacrime artificiali.
Ma le sue non sono artificiali. Sono lacrime secche. E sono ancor più amare e salate.
In un'altra stanza, piccoli quadri impressionisti incorniciano le mura color pesca. Lei è seduta sul bordo del letto, fuma, nervosamente. Si dondola su se stessa, inseguendo su colline scoscese, le sue preoccupazioni. Il fumo prende le forme delle ore. Le ore che lei trascorre coi suoi silenzi. Ma questi sono troppo rumorosi perchè gli altri non se ne accorgano. Lamenti nella notte e singhiozzi soffocati e deliri esistenziali e ricordi che hanno la forma di antichi abiti cuciti a mano e sofà bordeaux tutt'impolverati. Il passato che suona il "Requiem di Mozart" e s'immagina il suo funerale. Quanta tristezza aleggia in quel fumo. Quello stesso fumo che racconta di lei liceale, di lei in quella Deux Chevaux partita dal sud Italia e arrivata sino a Bruge. Una perla blu sorretta da tre piccoli diamanti intorno al suo collo. Questo è quello che avrebbe desiderato regalarle. Rinunce e frustrazioni. Auguri scritti a mano, con una grafia che trema e ha la forma di lettere infantili. Si gioca a fare il ruolo della vittima e del carnefice. Oggi si è agnello sacrificato, domani lupo famelico. Il fumo si dissolve e rimane il suo viso che le parla senza proferire suono. Il suo viso riesce a straziarle gli occhi. Quanto dolore in quegl'occhi e quanta impotenza. Quanta rabbia e quanto passato masticato e non digerito. Si urla, silenziosamente, al cielo. Bestemmia un dio che non è il suo, ad occhi bassi. Si maledice il giorno in cui. Si ama. Si odia. Si respira quel fumo. Si mangiano unghie ed anima. E si torna a dondolare.
14 commenti:
....
carezze*
@Ape: j'en ai besoin.. *
...ma allora succede così proprio a tutti, eh?
Anche tu ascolti Camille? Io un po' la amo..
Conosco quelle lacrime secche, e conosco quella sensazione che non ti chiede altro che scappare, lontano, senza catene. E le due cose, spesso sono correlate.
Solo, non maledire nessun giorno, che si ami o che si odi. Ogni giorno è parte di te, e tu, devi maledirti solo se non rispetti gli altri, e te stessa. Ma non credo sia il tuo caso, credo.
Un abbraccio.
...dondolarsi sul bordo del letto è desiderio di culla,di tornare indietro nel tempo,fermarsi per non fare altro male con la proria sofferenza.E' vero, c'e troppo fumo in quella stanza,troppe ore,quelle di oggi,finite in fumo...La mia perla bleu è nel mio cuore...un milione di baci.
@Dressel: succede così. Sì. Anche Amelie sta male, a volte, nonostante il suo "favoloso mondo" che ogni giorno, faticosamente, costruisce. Succede così e come vorrei che le lacrime diventassero liquide, così. Per lavare la sofferenza dal viso.
@Demian: ..Camille l'amo anch'io. C'è un pò di sofferenza nella sua voce, che assomiglia a quella d'Amelie.
Non maledico nessun giorno in cui. Non io. Non l'ho mai nemmeno pensato. Ogni giorno è un regalo, ogni attimo va rubato alla vita che qualcuno ci dà da respirare.
Grazie per le tue parole.
@Penelope: non ho pensato che le perle non si regalano. Sono lacrime, le perle. Di lacrime ce ne sono fin troppe. Non ho bisogno di lacrime, nè di baci. Ti lascio sola con le tue ore. Ti puoi dondolare quanto vuoi ma io quella cantilena di dolore non l'ascolterò più. Quei baci, per oggi, puoi tenerli per te. Tanto lo sai che domani ne vorrò il doppio. Non posso non amarti come ti amo. Nonostante tutto.
Il requiem di Mozart.
Questa mattina, in macchina, vendendo al lavoro ascoltavo un brano del requiem, "Lacrymosa". Se qualcuno lo trovasse inquietante (e per quel che mi riguarda non lo è più di quanto non lo sia un dipinto di Soutine )ne può ascoltare una versione attualizzata e cantata da Evanescence...
un sorriso petite
Gautier
@Gautier: la prima cosa che ho fatto dopo aver letto questo tuo commento è stata cercare la versione degli Evanescence.Bella ma niente a confronto delle struggenti voci del brano di Mozart. Sarà inquietante ma quando chiudo gli occhi per ascoltarlo, è come se mi leggessi dentro, come se ascoltassi me stessa.
Grazie del tuo passaggio. Ti guardo.
sai kiki? sono d'accordo con andrea. urla e piangi finchè vuoi e, se ce n'è bisogno, perdona anche te stessa, anche se non è facile. gran parte delle brutte esperienze sono il frutto di prese in giro a noi stessi, sono il frutto di aver voluto vedere in qualcun'altro qualcosa che non esisteva. un abbraccio. nel caso in cui non lo avessi mai ascoltato, ti consiglio il requiem di mozart diretto da neville marriner.
Ciao..leggo sempre il tuo blog....e lo trovo sempre più interessante ed emozionante!!!....mi tiene sempre compagnia
Che meraviglioso post! Era da tanto che non leggevo qualcosa, provando emozioni ed ammirazione contemporaneamente.
Sei grande, PK!
Un abbraccio.
@Dressel: "aver voluto vedere in qualcun'altro qualcosa che non esisteva". Su questa frase potrei scriverci un "trattato". Io urlo, mi ribello, amo, piango, mordo e ferisco e perdono me e gli altri, finchè avrò fiato. Per il pezzo diretto dal Marriner, ora mi "organizzo".. grazie. ;*
@Alis: che la compagnia non ti manchi mai e se dovesse mancarti.. io sono "qua". Grazie..
@DamaVerde: ..cosa posso dire se non "grazie"?.Di cuore. Provo a raccontare, a raccontarmi, sempre con l'amore che sento per la scrittura. Ti abbraccio.
grazie a te..davvero
a chi lo dici! se imparassi a vedere le persone per quello che sono e non per quello che vorrei che fossero mi risparmierei molte delusioni! ma non è mica facile! un bacione.
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