Un paio di calzettoni blu, di filo di scozia, uno spillone dorato teneva chiuso il kilt scozzese, un blezer blu, una camicia bianca, le scarpe "college". Due codini biondi, ben pettinati, talmente lunghi da arrivare fin sotto la schiena. Gli occhi limpidi. I denti un pò radi, un naso impercettibile si perdeva in quel viso perfettamente ovale. Le sopracciglia chiare, le labbra sempre un pò screpolate. Una bambina timida, si reggeva alla gonna della mamma, dove spesso ci nascondeva il viso, arrossendo.
Sgranava i grandi occhi al mondo, sempre in cerca di conferme, sempre con le mani fredde, perchè aveva paura dei giudizi degli Altri e della maestra Cesarina che urlava sempre durante l'ora di geografia.
Odiava i riavoli di Giuseppe, il cuoco della scuola. Quei "ravioli alla salvia" che per lei avevano il sapore della muffa.
Nascondeva nel piatto, sotto il purée di patate, la carne che non le piaceva e corrompeva, con i baci, la signora Renata, una delle domestiche della scuola, che la considerava come una "figlia" e le dava sempre i leccalecca senza farsi vedere dagli altri bambini.
Nel grande parco della scuola c'erano tanti giochi. Il suo preferito era l'altalena. Ci si avvicinava sempre saltellando. Prendeva la rincorsa e poi ci saltava su con un grande slancio aiutandosi con quei pochi chili fatti di ossa ed innocenza.
Trascorreva lì tutta la ricreazione mentre gli altri bambini giocavano "a lupo a lupo" o alla "mela avvelenata". Lei, invece, no. Se ne stava lì a dondolarsi, coi suoi pensieri, a contare le nuvole e a cercare, con lo sguardo, i trifogli.
In questo pomeriggio di luce invernale, mi è tornata alla mente quella bambina fortunata, che giocava in quella splendida scuola. Quella bambina di cui oggi non ricordo i sogni, o le paure più intime. Eppure, in questo preciso momento, riesco a percepire l'odore dell'erba sotto i piedi e l'energia di quella bambina i cui grandi occhi, in questo pomeriggio di novembre, vedo ancora.
Sgranava i grandi occhi al mondo, sempre in cerca di conferme, sempre con le mani fredde, perchè aveva paura dei giudizi degli Altri e della maestra Cesarina che urlava sempre durante l'ora di geografia.
Odiava i riavoli di Giuseppe, il cuoco della scuola. Quei "ravioli alla salvia" che per lei avevano il sapore della muffa.
Nascondeva nel piatto, sotto il purée di patate, la carne che non le piaceva e corrompeva, con i baci, la signora Renata, una delle domestiche della scuola, che la considerava come una "figlia" e le dava sempre i leccalecca senza farsi vedere dagli altri bambini.
Nel grande parco della scuola c'erano tanti giochi. Il suo preferito era l'altalena. Ci si avvicinava sempre saltellando. Prendeva la rincorsa e poi ci saltava su con un grande slancio aiutandosi con quei pochi chili fatti di ossa ed innocenza.
Trascorreva lì tutta la ricreazione mentre gli altri bambini giocavano "a lupo a lupo" o alla "mela avvelenata". Lei, invece, no. Se ne stava lì a dondolarsi, coi suoi pensieri, a contare le nuvole e a cercare, con lo sguardo, i trifogli.
In questo pomeriggio di luce invernale, mi è tornata alla mente quella bambina fortunata, che giocava in quella splendida scuola. Quella bambina di cui oggi non ricordo i sogni, o le paure più intime. Eppure, in questo preciso momento, riesco a percepire l'odore dell'erba sotto i piedi e l'energia di quella bambina i cui grandi occhi, in questo pomeriggio di novembre, vedo ancora.
On air: Keith Jarrett.
9 commenti:
meraviglioso il post, come jarret, che adoro. leggendo certe cose mi tornano in mente gli anni delle elemenari e delle medie dalle suore orsoline, che secondo il mio modestissimo parere dovrebbero stare lontane dieci chilometri dai bambini...dio che orrore!
Brava Petite Kiki: mi hai riportato non tanto alla mia infanzia, ma a quella di mia figlia.
Un bellissimo quadro di infanzia.
Ciao!
Magari tutte le scuole fossero così, io ho studiato 8 anni dalle suore ma non ne ho proprio un bel ricordo..
..sei stata fortunata allora ;)
un abbraccio
Chiudere gli occhi e vedere ancora una bambina spensierata è davvero una fortuna, cara Kiki. La magia dell'infanzia è il mistero dell'esistenza, e va preservata con cura come cosa preziosa.
Per questo è un dolore insopportabile la consapevolezza di tutte le infanzie rubate, violate, trafugate. Sono il segno tragico di una società che si autodistrugge.
Queste riflessioni leggendo le tue parole e un libro, di cui voglio condividere con te questo piccolo passaggio. Un ricordo d'infanzia nei ghetti di New York.
"Quando pioveva, andavamo ad appiattirci per le scale in fondo al cortile, mogi come ranocchi. Che noia, in cortile! Noi bambini non sapevamo che fare. La vita pareva spegnersi in una giornata piovosa. (...) Piove, piove! Il cielo è una striscia di stagno grigio, sopra i tetti delle case, dove camicette a fiori e sottovesti si afflosciano sotto l'acqua.
(...) Ma ecco un gatto, nella livida penombra piovviginosa del cortile. Subito fummo all'erta, come uno sciame di mosche. Era una povera gatta pregna, e strascicava a terra il ventre gonfio. Davanti a una cassetta della spazzatura di fermò, annusando odor di cibo. Prorompemmo in un urlo. Messa in guardia da quel grido guerresco, la gatta affamata girò attorno uno sguardo disperato, in cerca di protezione. Con un salto, fu nella cassetta, e aspettò. Non drizzò neppure il pelo, troppo stanca per mostrar rabbia o paura. Aspettava.
La inseguimmo come tanti diavoli, bersagliandola di immondizie. Miagolando disperatamente, s'arrampicò su per lo steccatoe la sentimmo piombare con un tonfo pesante nel cortile attiguo, dove altri fanciulli s'annoiavanoa guardare la pioggia...
(...) C'erano migliaia di gatti nell'East Side, e uno dei piaceri della nostra infanzia consisteva nel torturarli, dar loro la caccia, gettarli giù dal pendio dei tetti, per constatare se era vero che avessero sette vite.
Era un mondo violento e implacabile il nostro, in cui c'erano troppi gatti e troppi bambini."
(M.Gold)
@Giulia: della mia infanzia ho molti ricordi. Uno dei più belli è proprio questo della scuola. Ho studiato per 8 anni al Marymount, scuola di sisters americane. Questa sorta di "college" è presente a Roma, New York e Londra. E' di una bellezza sconcertante e la preparazione dei docenti è superiore alla media. Non è la classica scuola privata tout court che promuove cani e porci, basta che paghi la retta. Ti insegnano il rigore (tutti in divisa la mattina!) l'educazione ed il rispetto delle cose e degli altri (almeno ci provano ad insegnarlo). C'è un teatro grande, la Cappella, il parco è quasi di 4.000 mq..insomma di cose da imparare ce ne sono! Chi ha studiato in quella scuola è stato davvero fortunato. I miei genitori hanno fatto sacrifici per farmi studiare là ed io, ora che ho 25 anni, mi rendo conto di doverli ringraziare, davvero. Tutto arriva col "senno di poi".. Ps. Le nostre "suore" non avevano l'"abito", e cantavano nella cappella della scuola come i cori gospel! Se un giorno dovessi avere dei figli vorrei che si formassero là..
Se vuoi dare un'occhiata per curiosità questo è il link: http://www.marymount.it/
Un bacio e grazie per leggere sempre di me!
@DamaVerde: mia madre ha letto questo post e si è commossa. Non pensava che io avessi un così bel ricordo di quella scuola.. conservare un bel ricordo è una cosa bella, raccontarlo, forse lo è ancor di più.
Un sorriso per te.
@Lalla: sono stata fortunata, sì. L'istruzione, oltre ad essere un diritto di ognuno di noi, e di ogni bambino, dovrebbe essere impartita in scuole decorose e non che cadono a pezzi, dove i muri sono fatiscenti o dove il riscaldamento non funziona. Ps. Io ho vissuto nella "campana di vetro" fino a 12 anni, poi con un bel calcio nel fondoschiena, i miei hanno voluto farmi conoscere l'altra faccia della medaglia e mi hanno iscritta in un liceo classico statale. E ti assicuro, che là la situazione era tutt'altra..Comunque, mi è servita tanto anche quell'esperienza, per apprezzare ancor di più quello che avevo avuto prima e per imparare a "sgomitare" e a farmi valere dove e quando ce n'era bisogno.
Un abbraccio.
@Manu: caraManu, sai cosa penso quando leggo i vostri commenti qui da me? Penso che sono una bellezza. Non sono "semplici commenti". Sono posts nei miei posts. Imparo leggendo di voi, imparo a conoscere quello che ancora non so e questo mi rende una persona, col passare del tempo, migliore (almeno spero!).
Grazie per aver riportato questo passo di questo libro che io ancor non conoscevo. Come dici tu è un dolore insopportabile aver la coscienza di tutte quelle infanzie rubate alla vita, oltraggiate, e mancate. Il mondo fa davvero paura, ogni giorno di più. I bambini sono l'anima di ogni cosa, se solo riuscissimo a preservarli da violenza e mostruosità..
Grazie, d'esser qua. Davvero.
conosco quella scuola. è sulla cassia, vicino a casa mia, vero?
@Giulia: no, non è il Marymount international che, sì, è sulla Cassia. La mia scuola è l'altro Marymount che si trova a via Nomentana...
Sei brava, bravissima, leggere il ricordo dei tuoi primi passi a scuola ,mi ha regalato l'effettodi certi dipinti... Quella bimba, dai capelli lunghi, lunghissimi,già aveva l'incanto negli occhi, la "chiamavo alice nelpaese delle meraviglie", ora è amelie che sogna ed immagina un meraviglioso mondo. Sono certa che lo troverai il"mondo meraviglioso" Ti sta aspettando Bambina dagli occhi pervinca!. con l'amore di semre e ancor di più. P.***
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