Foto: "I Sk8 NY" di AnomalousNYC's.
30 ottobre 2007
Ruvidaseta e Mielamaro.
Foto: "I Sk8 NY" di AnomalousNYC's.
28 ottobre 2007
Luci di Strada.
Ecco arrivare il 630. Sale di corsa. E' fortunata, trova posto a sedere. Piove forte, al di là del vetro. Tutti dicono la stessa frase, che è entrata a far parte, ormai, dei detti comuni: "Incredibile, quando arrivano due gocce d'acqua, Roma si blocca!". Ride, perchè è sempre la stessa storia.
Yann Tiersen, con la sua fisarmonica, sta viaggiando con lei. Ha percorso così tanti tragitti con lui e le sue note, che se non l'accompagnasse ancora, le sembrerebbe di sentirsi sola.
Eccola là Roma, in tutto il suo splendore, nonostante il cielo triste e l'aria umida.
E' il momento di scendere. Lo fa un pò goffamente. Apre, a fatica, l'ombrello che si era impigliato nella tracolla della borsa. Ha fatto tardi, come al solito.
Le gocce si moltiplicano diventando tante, finemente pungenti. Le bagnano le lenti degli occhiali da vista. Ora vede tutto offuscato. "Inutile provare a pulirli, troppo complicato", pensa. Prosegue correndo in punta di piedi come una ballerina, in equilibrio, cercando di evitare le pozzanghere.
Arriva all'appuntamento, con quegli occhiali appannati che nascondono l'emozione che c'è dietro. Con il naso all'insù cerca sulle scale "una sciarpa arancione". Socchiude lo sguardo per mettere a fuoco. "Eccola!", pensa sorridendo.
Si scioglie in un abbraccio, tutto nuovo, tutto da scoprire.
Una piramide di cristallo li ospita mentre un tè bollente li riscalda. Si gesticola, ci si guarda con curiosità, con timidezza, con ammirazione. Ci si scruta quando l'altro per un momento posa lo sguardo sulla bustina dello zucchero, facendo attenzione a che nessuno si accorga di nulla, ma tutto appare così naturale. Le mani, ora calde, vorrebbero prendere le sue, in segno d'amicizia, per dire "sono qui, siamo qui, finalmente".
Ci si racconta a parole o anche soltanto con uno sguardo, perchè, a volte, s'incontrano anime con cui è più facile comunicare, perchè ha già danzato scalza sulle sue righe, perchè già conosce il profumo dei suoi fiori, ma non conosceva, fino ad oggi, il rumore dei suoi passi. Fuori il vento continua il suo canto, Roma è una regina tutta bagnata, ma così elegante. La via dei Fori Imperiali è piena di luci ma niente è paragonabile alla luce degl'occhi suoi. Li fissa, celando una contentezza infantile. Ci si perde in quegl'occhi e poi si ritrova la strada, anche solo per il gusto di smarrirla ancora una volta.
On air: "Passaggio" - Einaudi.
26 ottobre 2007
Regarde-moi.
Si cerca di fermare i secondi, ogni battito sembra di troppo, ogni parola, superflua.
Si lascia che la musica parli di te, di lui, di voi.
Ogni immagine è composta da infinite scene tutte in bianco e nero, come quegli album per bambini, tutti da colorare, ogni ricordo è una pennellata di colori, di sorrisi e mani fredde, di tè bollenti e rose rosse, di vette bianche, di scarpe blu infangate, di ninnoli infantili che sanno d'attenzioni cercate e ricercate. Il passato ci compone, ci scompone, ci dà uno schiaffo in pieno viso quando meno ce lo aspettiamo, riaffiora in superficie. Il silenzio toglie la speranza, ammutolisce quei colori, toglie il coraggio di sognare, ancora. Il silenzio parla e parla. Lo si sente, continuamente. Ha occhi il silenzio. Ha orecchie e bocca il silenzio. Ha un nome. Ha il profumo del cioccolato sciolto e le nuances del cielo di Gauguin. Si vorrebbe scrivere senza virgolettare, senza punti, senza pause. Camminare per ore sotto la pioggia, sentire freddo, non importa quanto o se tanto. Che le lacrime si confondano con quelle gocce. Prenderti sul seno, accarezzarti, avvolti in una coperta rossa. Vedere fiocchi bianchi cadere su una fragola. Non avere quell'immagine negli occhi. Aprirli e trovarti ancora là, tra le dita.
Quando non si chiude la porta dietro di sè, si sente il vento ululare.
On air: "Si loin de toi" - Manu Chao.
22 ottobre 2007
L' Astéroide B 612.
Allora, ti guardo mentre ti allontani. Lentamente. Non t'importa della pioggia che t'inzuppa il giubotto.. già.. quello stesso giubotto che tieni sempre aperto, anche quando fanno meno tre gradi e ti viene da ridere nel vedermi strofinare le mani l'una contro l'altra, imprecando, nella mia lingua, per il tuo freddo a cui io non sono abituata.
Ti guardo immobile. Quasi pietrificata. Si piange nel sonno, il cuscino umido di lacrime.
Sveglia alle cinque e trenta. Si vede l'alba nascere sui tetti di Roma. Disegno con l'indice sull'ombra che fa il respiro sul vetro della finestra. Poi scompare. La strada lucida e quelle goccioline sui parabrezza delle macchine.. é così inverno, oggi.
E' arrivato il freddo anche qui. Anche qui, dove il freddo pensavo non potesse raggiungermi. E' arrivato nonostante il maglione pesante che ho tirato fuori dall'armadio.
Ho riposto nelle scatole, le magliette leggere, quelle tutte colorate, quelle di garza, le gonne di seta. Ho messo via, con cura, le "scarpe di Amelie", quelle che ti piacevano tanto.
C'è stato un cambio, oggi.
C'è una stagione per ogni cosa.
C'è una stagione per ridere, per piangere, per lottare, per fare errori, per imparare da quegli errori, per fare il cambio dei vestiti nell'armadio, per tagliarsi i capelli, per innamorarsi, per lasciarsi andare, per lasciarti andare, per lasciarsi.
C'è un tempo per tutto.
Questa è la stagione per crescere.
"Ne perds pas espoir, n'arréte jamais de te battre".
Je n'oublierai jamais. Promis.
On air: "Vois sur ton chemin" - Les Choristes O.S.T. .
19 ottobre 2007
Nue.
Si trascorrono notti a pensare, con la tivvù accesa senza volume, perchè a farti compagnia ci sono i tuoi pensieri che seppur silenziosi, fanno rumore. Le mura della stanza prendono il colore delle scene che si susseguono nel film. Mi sono sempre piaciute le ombre colorate che dipingono le macchine quando passano sotto casa, quei colori così indefiniti ed indefinibili, quelle piccole luci rosse e bianche, che sembrano danzare sul soffitto.
On air: "Yashal" - Elisa.
13 ottobre 2007
Rami.
Gli artigli della paura ti infilzano la carne e nonostante tu provi a dimenarti, non c'è niente da fare. Lei ti ha catturato. Silenziose lacrime ti bagnano le guance.
Vedi la pelle che sanguina e l'unica cosa che riesci a fare è cucirti addosso con un filo di insicurezze, ciò che rimane di te.
Le scelte vanno prese come fossero aerei. Non si può titubare a lungo davanti al check-in. C'è tanta gente, in fila, alla tue spalle.
C'è tanta gente che bisbiglia, che dà consigli, che dice cosa fare e cosa non fare. Tutti hanno il passaporto nella mano, la propria carta d'identità, chiara come il foglietto illustrativo di una medicina. Ci sono scritte le dosi di autostima, le quantità di se stessi da somministrare agli altri.
Tu, no. Tu non possiedi alcuna carta, alcun foglietto su cui è disegnato uno schema. Lo schema dei sentimenti. Quello che hai in mano è un labirinto che tu stessa hai costruito ed è così contorto che nemmeno tu sei in grado di trovare il punto di partenza e quello d'arrivo.
Sai soltanto che là fuori, al di là del labirinto due braccia sono aperte, nonostante il gelo, nonostante il sale sul viso, lo sguardo non ha perso la vitalità, il cuore batte e batte e costante, ama ed ama.
La vita è come un aereo. Bisogna fare il biglietto, mettersi in fila rapidamente al check-in, passare il controllo tirando un sospiro, ad occhi chiusi. Il posto numerato, eccolo là. Siediti ed aspetta di sentire quel rombo alle tue spalle che ha un solo significato: andare. Lontano. Via da qui, da quel labirinto che un'uscita ce l'ha... ce l'ha. E tu lo sai.
On air: "9 Crimes" - Damien Rice.
10 ottobre 2007
Et voilà.
La sveglia del mio cellulare non poteva che essere questa: la "valse d'Amelie". Quelle dolci note risuonano nel mio orecchio sinistro.
"Merde", penso. "Sono già le 6.00. Mi devo alzare".
Metto prima un piede giù dal letto, poi, coraggiosamente, appoggio anche l'altro. Raccolgo i capelli, da un lato. Mi stropiccio gli occhi che sanno ancora di sonno (tanto sonno). Spengo il telefono. Mi trascino fino al bagno. Mi guardo nello specchio. Scoppio in una risata un pò isterica. Oggi è il giorno dell'esame.
Preparo il tè e mentre lo preparo, mi rendo conto che sto inzuppando il tavolo con la bustina, perchè sono troppo impegnata con la mente a ripetere il "bilancio d'impresa" e la "bancarotta fraudolenta".
Sì, certo. Perchè alle 6.15 della mattina è normale ripetere tra sè e sè la bancarotta e la posizione del povero fallito.
Ma qui la fallita, che inzuppa tutto, penso di esser io!.
Comunque, arrivo in facoltà alle 9.00.
Facoltà che si trova dall'altra parte di Roma, rispetto a dove abito io.
Ogni volta faccio il "viaggio della speranza" per arrivare fino a lì ed il giorno dell'esame mi sento come il personaggio del "leone codardo" del "Meraviglioso mago di Oz" e faccio il giochetto del "mi siedo o non mi siedo davanti al prof?" pur sapendo di esser preparata.
Pronunciano il mio cognome ed io, in un timido, "presente", mi faccio avanti.
Passano ben n-o-v-e ore dall'appello e risento pronunciare il mio nome. "Il signor preside l'attende".
"Ohssignor...preside...speriamo sia di buon umore, oggi", penso - ad alta voce - ed il segretario del preside non riesce a nascondere la sua risata.
E' andata. L'esame è andato giù come una pillola rivestita, di quelle che non s'attaccano al palato quando cerchi di ingoiarle.
Il leone ha trovato il coraggio che tanto chiedeva al mago.
Un esame in meno nella lista e tanta voglia di mettermi quella toga indosso, il giorno della laurea.
Ho raccontato la mia giornata, non perchè io mi senta fiera di aver dato un esame difficile. Quanti ragazzi, tutti i giorni affrontano esami, di tutti i tipi. Gli esami all'università sono solo delle prove. Facili o difficili, ma sono prove. Gli esami, quelli veri, non s'affrontano con il codice civile in mano, seduti di fronte ad una persona dall'aria impassibile. Gli Esami, sono le sfide che la vita ci lancia all'improvviso. La prova contro il vento ed il freddo, contro la fame o il caldo, ce l'ha chi, tutti i giorni, un tetto sulla testa non ha. Quelle sono le prove vere e dure.
Ritornando al mio discorso, dicevo, che ho raccontato qui la mia giornata per ringraziare due persone, in particolare, che mi hanno dato il coraggio, ieri, di trovare il coraggio di affrontare quest'altro "incontro".
Grazie a mia madre, che era lì con me ieri in facoltà. Grazie perchè è riuscita ad infondermi forza e tranquillità, adrenalina pura in endovena. Ha saputo come scuotermi nel momento di abbattimento, quando ci hanno detto che il preside avrebbe tardato. Lei ha scorto la mia faccia, pallida, come quella degli inglesi in un giorno di pioggia, e ha capito che un "kinder-duplo" ed una carezza sui capelli, sarebbero stati capaci di farmi sorridere.
Allora, grazie per la pazienza, per le ore aspettate come solo Penelope avrebbe saputo fare; per esserti confusa, con il tuo corpo elegante e sottile, tra le varie studentesse. Tu che con i tuoi capelli biondi, sembri ancora una liceale e ti imbarazzi quando ti dicono che sembriamo sorelle. Ed è proprio vero.
Grazie perchè nonostante ti facessero male i piedi ed i taxi non arrivavano, hai preso due autobus e hai viaggiato per diciassette fermate di metro, solo per accompagnarmi. Grazie per aver fatto ridere gli altri studenti, terrorizzati, come me, mentre aspettavamo il preside ritardatario.
Grazie perchè.. perchè. Ce ne sarebbero così tanti di perchè e altrettante risposte, che ora rimango senza parole. T'abbraccio, qui. Ma, ora, mi alzerò e verrò a farlo di persona.
E last but not least: sei Tu. Tu che mi leggi quando meno me l'aspetto. Tu che mi parli coi tuoi silenzi ed i tuoi messaggi inattesi. Dolci e concisi. Come te. Grazie, davvero. Per essere come sei, per esserci, ancora, qui, con me.
Et voilà. Domani è un altro giorno e tra due settimane un altro "incontro".
08 ottobre 2007
Le Secret.
scopri i miei segreti
vieni a perdere la ragione
in quel bacio tant'atteso
quando la luce delle candele
- affievolita -
non illuminerà più i nostri visi
d'eterni bambini
quando la notte perderà le sue difese
vieni a giocare
con le stelle
senza rumore
quello che ancora siamo
amanti
.
05 ottobre 2007
Gitane.
03 ottobre 2007
VerdeLuna.
arrivi nella città senza tempo.
notti di neve e tisane,
una bici rubata al freddo.
il profumo dei miei.
sui nostri visi,
un tempo nuovo
Per le "affinità elettive", che vanno oltre tutti i sensi razionalmente spiegabili.
Per queste mie parole, nate su una pagina del codice civile.
Per le tue parole, attraverso cui ti sei fatta strada, poco a poco, sul mio cammino.
Per Strasburgo, che mi ha fatto più di un regalo.
Pour toi, pour moi aussi.
Per tutto quello che verrà.
On air: "Canzone per Iuzzella" - Teresa de Sio.
01 ottobre 2007
Lentamente Pianoforte.
Pianoforte o Despacio y Firme.
Un sillón de seda beige, un cojín de pluma, en el que te gusta hundirte. La cabeza apoyada a lado de la cabecera. El cigarro entre los dedos. El humo que se descompone en el aire. Tú la escuchas con los ojos cerrados. "Oh sweet daddy please come home". Una carta que todavía esta allí, media abierta. La ganas de construir un avión con aquellas palabras, para que –por fin– tome el vuelo. Para siempre. Fuera de este tiempo. "Las personas infelices nadie las mira". Ninguna falta, ningún titubeo. Todo afuera es oscuro. Sólo se ve la luz de las velas en la sala del vecino budista que esta rezando. Su voz se confunde con este piano. Pianoforte, despacio y firme. Se juega con las palabras, como fueran los teclas de un acordeón que quieres y que no eres capaz de tocar, como con las cuerdas del corazón, que cuando se rompen e intentas arreglarlas, ya sabes, ya no pueden cantar las melodías de otros tiempos.
Pero hay que sonreír, amor, porque este es el jazz, porque hay mucho que escuchar, que jugar. Pianoforte o despacio y firme.