Il termometro segnava trenta gradi e l'asfalto era rovente. Sara era indecisa su quali scarpe mettere. I sandali neri col tacco alto e sottile o quelli rossi, bassi, più informali e sicuramente più comodi?.
Le sei del pomeriggio erano arrivate senza che lei se ne rendesse conto. Sale sull'autobus, si libera subito un posto e lei, con la rapidità di una gatta, sedendosi, tira un sospiro di sollievo.
Il suo sguardo si posa su un libro che una ragazza teneva tra le mani, sulla copertina c'era scritto: "lire cinque". La ragazza, come in bilico, con una mano teneva il libro tutto ingiallito aperto a metà e con l'altra, a stento, riusciva a reggersi alla maniglia sospesa, tra una frenata ed una curva, rispose con un sorriso allo sguardo attento di Sara e così, lei, trovò il coraggio per chiederle che libro fosse il suo e quanto fosse vecchio per costare così poco..! La ragazza le rispose che sì, era un libro davvero vecchio su cui stava adattando una rappresentazione teatrale. Era un' attrice lei, dai capelli lucidi e lunghissimi, stretti in una sottile coda di cavallo.
Parlarono del caldo, del tempo, del fatto che l'aria condizionata in quell'autobus, che assomigliava di più ad un carro bestiame, fosse rotta e di come il caldo quando irrompe, si fa sentire nell'impazienza e nella facile irritabilità della gente.
Sara, s'era immersa nel caldo, pregustando la freschezza di quell'appuntamento.
Lei era rilassata, senza pensieri, quasi sospesa in una realtà senza tempo.
Il cellulare di Sara vibra e parole inglesi s'illuminano sullo schermo : "I'm here early. Where are you?".
John era in anticipo, Sara ancora in autobus.
Lei vede subito le sue possenti spalle, lui china la sua perpendicolarità da "big ben" e le bacia le guance.
I loro piedi tagliano le traiettorie delle rotaie dei tram.
Si insinuano nei vicoli della vecchia e buona Roma, passeggiano lungo le mura che parlano di storia e di dolori. Alla fine il "Portico d'Ottavia" s'apre nella sua bellezza con quelle finestrelle di legno consumato, tipiche delle antiche facciate dei palazzi del centro storico.
"Ti piacciono i films di Totò?", le chiede velocemente lui.
Sara ride, alzando un sopracciglio e rimane stupita della domanda. John da buon inglese non riusciva a pronunciare il nome "Totò". Le sue "o" rimanevano strette tra i denti.
La piazza era gremita di gente che si sventolava con le cose più svariate: un giornale, un cappello, una locandina di un "corso di taglio e cucito"..
Lui le indica una bambina che pedalava felice su una bicicletta rossa.. ad aspettarla a braccia aperte, poco più in fondo, c'era suo padre, con in testa una kippah nera, così perfetto in quel luogo..
Sara scopre che John è molto attento ai particolari di quel pomeriggio. Questo a lei piace ma, d'improvviso, lui esaspera, volutamente, il suo snobismo e comincia a sparare critiche sugli italiani, su quanto questi siano omologati, e di quanto sia stranamente sparito l'individualismo, dall'Italia stessa partorito.
Sara, pur condividendo molte delle critiche, non ne apprezza il tono troppo dispregiativo.
Arriva il cameriere, piuttosto maleducato, perchè chiede solo a lui cosa desidera ordinare, e lui, ironicamente maleducato ordina, solo per sè, due caffè americani, con sei bustine di zucchero.
Sara, impiega qualche secondo per superare lo stupore e l'imbarazzo di fronte a questa doppia maleducazione, e così ordina per sè, malvolentieri, un tè freddo al limone.
Il tono del momento si solleva quando i due parlano di cinema.
Federico Fellini e la sua "Dolce Vita" e l' "Eclissi" di Antonioni fanno rinascere in Sara l'interesse per quel ragazzo. Le sembra d'essersi di nuovo librata in aria ma viene richiamato il cameriere per chiedere il conto ed il volo di Sara, d'improvviso, perde quota. La somma di quegli scontrini bagnati dalle gocce del tè freddo, arriva. Lei, in quanto invitata, per un attimo ignora la somma da pagare.
Prende dalla borsa delle banconote facendogli intendere, anche se con imbarazzo, che non sa cosa fare.
Il colto gentleman inglese afferra una banconota dalle mani di Sara e le dice: "Ok, give me something".
In quel momento il caldo sembra sparire in quella situazione di gelo tra i due.
"Should we go?" le chiede lui, frettolosamente.
"Sì. Sono le venti. Devo andare", risponde lei.
Sara, sul ciglio della strada, guarda John che si allontana. Per un attimo rimane interdetta ma presto si rende conto di essere felice.
Felice d'aver fatto la scelta giusta: ha calzato i sandali rossi, bassi, che le permetteranno di tornare a casa, di corsa.
On air: "Alle venti" - Audio 2.
Le sei del pomeriggio erano arrivate senza che lei se ne rendesse conto. Sale sull'autobus, si libera subito un posto e lei, con la rapidità di una gatta, sedendosi, tira un sospiro di sollievo.
Il suo sguardo si posa su un libro che una ragazza teneva tra le mani, sulla copertina c'era scritto: "lire cinque". La ragazza, come in bilico, con una mano teneva il libro tutto ingiallito aperto a metà e con l'altra, a stento, riusciva a reggersi alla maniglia sospesa, tra una frenata ed una curva, rispose con un sorriso allo sguardo attento di Sara e così, lei, trovò il coraggio per chiederle che libro fosse il suo e quanto fosse vecchio per costare così poco..! La ragazza le rispose che sì, era un libro davvero vecchio su cui stava adattando una rappresentazione teatrale. Era un' attrice lei, dai capelli lucidi e lunghissimi, stretti in una sottile coda di cavallo.
Parlarono del caldo, del tempo, del fatto che l'aria condizionata in quell'autobus, che assomigliava di più ad un carro bestiame, fosse rotta e di come il caldo quando irrompe, si fa sentire nell'impazienza e nella facile irritabilità della gente.
Sara, s'era immersa nel caldo, pregustando la freschezza di quell'appuntamento.
Lei era rilassata, senza pensieri, quasi sospesa in una realtà senza tempo.
Il cellulare di Sara vibra e parole inglesi s'illuminano sullo schermo : "I'm here early. Where are you?".
John era in anticipo, Sara ancora in autobus.
Lei vede subito le sue possenti spalle, lui china la sua perpendicolarità da "big ben" e le bacia le guance.
I loro piedi tagliano le traiettorie delle rotaie dei tram.
Si insinuano nei vicoli della vecchia e buona Roma, passeggiano lungo le mura che parlano di storia e di dolori. Alla fine il "Portico d'Ottavia" s'apre nella sua bellezza con quelle finestrelle di legno consumato, tipiche delle antiche facciate dei palazzi del centro storico.
"Ti piacciono i films di Totò?", le chiede velocemente lui.
Sara ride, alzando un sopracciglio e rimane stupita della domanda. John da buon inglese non riusciva a pronunciare il nome "Totò". Le sue "o" rimanevano strette tra i denti.
La piazza era gremita di gente che si sventolava con le cose più svariate: un giornale, un cappello, una locandina di un "corso di taglio e cucito"..
Lui le indica una bambina che pedalava felice su una bicicletta rossa.. ad aspettarla a braccia aperte, poco più in fondo, c'era suo padre, con in testa una kippah nera, così perfetto in quel luogo..
Sara scopre che John è molto attento ai particolari di quel pomeriggio. Questo a lei piace ma, d'improvviso, lui esaspera, volutamente, il suo snobismo e comincia a sparare critiche sugli italiani, su quanto questi siano omologati, e di quanto sia stranamente sparito l'individualismo, dall'Italia stessa partorito.
Sara, pur condividendo molte delle critiche, non ne apprezza il tono troppo dispregiativo.
Arriva il cameriere, piuttosto maleducato, perchè chiede solo a lui cosa desidera ordinare, e lui, ironicamente maleducato ordina, solo per sè, due caffè americani, con sei bustine di zucchero.
Sara, impiega qualche secondo per superare lo stupore e l'imbarazzo di fronte a questa doppia maleducazione, e così ordina per sè, malvolentieri, un tè freddo al limone.
Il tono del momento si solleva quando i due parlano di cinema.
Federico Fellini e la sua "Dolce Vita" e l' "Eclissi" di Antonioni fanno rinascere in Sara l'interesse per quel ragazzo. Le sembra d'essersi di nuovo librata in aria ma viene richiamato il cameriere per chiedere il conto ed il volo di Sara, d'improvviso, perde quota. La somma di quegli scontrini bagnati dalle gocce del tè freddo, arriva. Lei, in quanto invitata, per un attimo ignora la somma da pagare.
Prende dalla borsa delle banconote facendogli intendere, anche se con imbarazzo, che non sa cosa fare.
Il colto gentleman inglese afferra una banconota dalle mani di Sara e le dice: "Ok, give me something".
In quel momento il caldo sembra sparire in quella situazione di gelo tra i due.
"Should we go?" le chiede lui, frettolosamente.
"Sì. Sono le venti. Devo andare", risponde lei.
Sara, sul ciglio della strada, guarda John che si allontana. Per un attimo rimane interdetta ma presto si rende conto di essere felice.
Felice d'aver fatto la scelta giusta: ha calzato i sandali rossi, bassi, che le permetteranno di tornare a casa, di corsa.
On air: "Alle venti" - Audio 2.