E' giovedì. Fuori ci sono 38 gradi anche sotto l'ombra cocente del pino di fronte alla mia finestra, un pò piegato anche lui probabilmente per il gran caldo. Ma non è del caldo ciò di cui voglio parlare, ora.
Capita che tutto inizia con un ingorgo di macchine.
Il modello degli occhiali è anni '80. Tondeggianti con le stanghette di tartaruga. Camicia a maniche corte, bianca, cravatta scura.
Le gocce di sudore scivolano lungo la fronte corrugata.
Le mani sul volante. Prova a tirare giù il finestrino ma la manovella gira a vuoto.
Capita che un pupazzo con le ventose gli sorride, irriverente, dal finestrino della macchina di fronte alla sua.
Le mani sudate, sul volante.
Le risate degli studenti seduti in un pullman, giusto a lato.
Le luci posteriori rosse, i clacsons impazziscono, insieme a chi li suona.
Gli manca il fiato. Si allenta un pò il nodo della cravatta. Non respira.
Non r-e-s-p-i-r-a.
La gente impreca, in fila. Uno dietro l'altro.
Apre lo sportello. Spalanca la bocca come un pesce appena pescato, cercando un pò d'aria.
Scende dalla macchina.
E' fuori.
Inizia ad allontanarsi. L'automobilista dietro di lui gli chiede: " Ehi, Lei, dove cazzo va? Non può lasciare la macchina qui in mezzo all'ingorgo!Ehi, dico a lei, imbecille! Dove va??".
"Vado a casa".
E si allontana.
Capita che allontanandosi da quell'inferno di polvere, imprecazioni e segnali luminosi che raccontano di "lavori in corso", s'imbatte in altre storie.
In altra umanità.
Un ingorgo di umanità.
Lingue differenti, accenti che sanno di Cina, no scusate. Di Corea, perchè il coreano s'incazza quando lo confondi per un cinese.
Gli chiede, con gentilezza, di cambiargli dei soldi per fare una telefonata.
Il coreano risponde di no. Vuole che compri qualcosa nel suo negozio, altrimenti "fuoli dai piedi".
Il coreano gli vende una CocaCola.
La CocaCola non dovrebbe costare 85 cent.
E' troppo. E' davvero troppo. Per uno che non è americano, che va a fare soldi in un paese che non è nemmeno il suo, dovrebbe costare 50 cent.
Con una mazza da baseball gli distrugge lo stand delle ciambelle, perchè anche quelle costavano troppo.
Capita che un tizio per strada, mangiando un panino, gli chiede dei soldi, perchè non mangia da due giorni. Guarda il panino e balbettando dice che ha comunque bisogno di soldi, inventandosi un'altra stupida scusa. "Cercati un lavoro" gli dice Lui.
"Cazzo, non è giusto che Lei abbia tutto ed Io, invece, niente".
Capita che mentre è seduto ad allacciarsi le scarpe, due portoricani gli dicono che non può starsene seduto nel Loro Territorio. Che deve pagare. Quanto? La vita non è già abbastanza cara, forse?.
La mazza da baseball paga il conto.
Capita che ancora negli anni '90 un neonazista voglia dare fuoco agli ebrei e prendere a calci in culo i gay. Capita che una pistola era proprio a portata di mano. Ed il Cattivo, muore, guardando la foto di Hitler.
Capitano altre cose, mentre quest'uomo voleva solo arrivare a casa.
Casa. Quattro lettere. Eppure una strada così lunga da percorrere.
Un tragitto ad ostacoli.
La Paura, la Diversità, l'Arrangiarsi perchè le cose non cambiano da sole.
Capita che scavalca un recinto di filo spinato per raggiungere ettari di prato all'inglese con buche qua e là. Un bel campo da golf. Con due vecchi che si rivelano essere due grandi stronzi. Lo vogliono fuori dal campo, ora, s-u-b-i-t-o. Capita che il vecchio, quando vede che lui imbraccia il kalashnikov, ha un infarto. Proprio quando il vecchio dice di avere le pillole, che potrebbero salvargli la vita, nella sua preziosa macchina elettrica su quel bel prato inglese..il kalashnikov la fa esplodere. Un vero peccato vedere un vecchietto morire con in testa un cappello patchwork.
"Allora, dimmi, com'è morire con in testa un cappello così ridicolo?".
Capita che in questa società, ogni giorno, un uomo normale impazzisca.
Oppure, no.
Capita, semplicemente, che un uomo normale apra gli occhi su questa società, che la veda bene, con una lente d'ingrandimento al posto degli occhi.
Allora, si riesce a vedere tutta la Diversità. Quella che punge. Si riesce a vedere tutta l'Ingiustizia, quella che morde, tutta la Sofferenza, per anni di lavoro andati persi. L'Impotenza di un uomo normale che vede la sua famiglia, sgretolarsi tra le dita. Ti senti un frustrato. Il dolore degli Altri, non lo senti più. Ti scivola addosso, come il sudore sulla fronte.
In un giorno qualsiasi c'è qualcuno pronto a vomitarti sulla tua bella camicia di pizzo san gallo tutto il disprezzo per la tua vita così perfetta. Mentre il sole esplode nella sua luminosità. Mentre per strada bevi una bibita ghiacciata e ti manca il fiato.
Capita che qualcuno trascini i piedi con indosso dei pantaloni più corti del normale, che sia sporco ed affamato. Capita che il filippino seduto sulle scale della chiesa, pianga guardando un foglietto di carta che tiene stretto tra le mani.
Capita che nel 2007 si scrivano, sulla cabina telefonica della piazza, inni al fascismo ed al comunismo. Come se le onte del passato non bastassero a riempire le pagine dei sussidiari.
Capita che le famiglie si sgretolino, senza farsene accorgere. Non si ha il tempo di correre ai ripari. I figli si tappano le orecchie per non sentire, chiudendosi in una bolla di sapone, dove tutto è come dovrebbe essere. I genitori giocano la parte delle vittime mordendosi a vicenda la vita ed i sentimenti.
Capita che si parli di cultura con gente sconosciuta. Succede di sorridere, un sorriso un pò amaro.
Capita di guardarsi e di non riconoscersi più. Guardi le tue mani in varie angolazioni e sembrano non appartenerti. Le dita giocano con gli orecchini. Ma che cazzo di orecchini ti sei messa stasera? Tutto come da copione. Per piacere, per piacersi. No, non per piacersi.
Per piacere agli Altri, forse.
Ma gli Altri sono chiusi nella loro quotidianeità, nei loro deliri esistenziali, nella loro frivolezza. Non hanno tempo per ascoltarsi. Non dico per ascoltarTi, ma per ascoltarSi. Sembrano perfetti, gli Altri, dal di fuori, come la copertina di Vogue. Quella carta così lucida fuori ed così tanto opaca dentro, quelle donne così perfette da far invidia alla "Venere" di Botticelli. Una carta da bruciare, forse.
Sono troppo attenti ad apparire, fashion o "normali", agli occhi degli altri.
Ma in tutti c'è la Follia. La voglia di fuggire da quell'ingorgo. Da quel calore che sa di uomo, da quelle frasi fatte che oramai anche le stagioni si sono rotte il cazzo di sentire sparlare di loro, in continuazione.
Perchè chi non ha niente da dire, farebbe bene ad ascoltare il silenzio.
Il silenzio ha così tanto da dire. Per ore io l'ho ascoltato. Mi ha raccontato di quell'uomo col kalashnikov, della sua disperazione, della sua voglia di Giustizia. Della Sua giustizia. Della Mia.
Non ho più voglia di appartenere per forza a questa società. Di appartenere ad un gruppo, di essere "così".
Io non appartengo a nessuno. Forse neanche a me stessa.
Mi sto cercando, ancora. Ancora una volta. Incessantemente.
La verità è che voglio cercarmi senza trovarmi mai.
Solo la Morte potrà trovarmi, un giorno.
Spero lontano.
Un giorno di ordinaria follia.
On air: "Il mio nemico" - Daniele Silvestri.